I diari clinici parigini di Hahnemann, ovvero: la ricerca sulle Potenze Q

Articolo tratto da LIBRIOMEOPATIA.IT - Pubblicato il 25/10/2019


Categorie: STORIA DELL’OMEOPATIA

Autori: Robert Jütte

Traduzione a cura di: Pietro Gulia

Fonte: Il Medico Omeopata – Rivista

I diari clinici parigini di Hahnemann, ovvero: la ricerca sulle Potenze Q

Il 28 Luglio 1856 sulla rivista tedesca Allgemeine Homöopathische Zeitung fu pubblicato un breve articolo di cui la storia dell’omeopatia è finora rimasta all’oscuro. L’identità dell’autore è celata dietro le iniziali NE. La sensazionale informazione che egli rivelò ai lettori, però, mandò su tutte le furie la vedova di Hahnemann, Mélanie d’Hervilly, dall’altra parte del Reno. Perfino per il lettore contemporaneo la natura polemica dell’articolo è ancora percepibile.

Diamo un’occhiata al testo originale: La notizia che presto verremo in possesso degli scritti che il nostro maestro ha lasciato, farà gioire dal profondo del cuore chiunque sia stato permeato dalla verità dei nostri insegnamenti e chiunque – come colui che redige queste righe – nutra il più grande rispetto per colui che quegli insegnamenti ha stabilito.

Molti interessanti casi di guarigione sono, senza ombra di dubbio, nascosti nei Diari Clinici Parigini di Hahnemann che, una volta venuti alla luce del giorno, saranno della massima utilità per la contemporanea e per le future generazioni di omeopati. Ci si può aspettare una profusione di esperienza teorica dalla pubblicazione degli scritti di un tale sagace ed ispirato pensatore ed osservatore, la cui lucida mente non potette essere offuscata neppure dalla età avanzata. Soltanto in un punto Hahnemann sembra essersi spinto un po’ troppo lontano negli ultimi anni della sua vita: alludo alla sua teoria della potentizzazione. (1)

Dopo aver apposto la clausola di tutela (devoto e rispettoso studente ecc.) e dopo aver avanzato alcune critiche prudentemente espresse alle tecniche di potentizzazione di Hahnemann, l’autore rivela uno dei più accuratamente custoditi segreti dell’omeopatia di quei giorni: Per caso mi sono imbattuto in alcune delle sue ultime prescrizione scritte e ho scoperto, con mia grande sorpresa, che a quell’epoca egli non era più soddisfatto delle potenze 30 né dell’abituale metodo di diluizione, ma egli aveva incrementato la diluizione in modo considerevole. Per esempio, in una lettera, egli prescrisse di “diluire un globulo del rimedio in 15 cucchiaini di acqua, quindi aggiungere un cucchiaino di questa soluzione ad una grossa bottiglia piena di acqua, scuoterla e somministrare al paziente un cucchiaino di questa soluzione finale“.

Questa affermazione dimostra che l’autore aveva per caso avuto accesso ai diari clinici di Hahnemann. I quali erano, però, gelosamente gelosamente custoditi da Mélanie d’Hervilly a Parigi e a nessuno era permesso di vederli ad eccezione dell’allievo prediletto di Hahnemann: Clemens Maria von Bönninghausen. Deve essere stato per forza grazie a lui che il nostro redattore riuscì a vedere gli stralci dei diari clinici. Mélanie, alla cui attenzione l’articolo apparso sulla AHZ dovette pervenire, sospettò la stessa cosa. In una lettera – non ancora pubblicata – scritta in francese ed indirizzata a Bönninghausen, datata 8 Settembre, cioè solo poche settimane dopo la pubblicazione del sopra menzionato articolo, sfogò la sua rabbia e lo accusò di avere divulgato a terzi informazioni confidenziali. In questa lettera, le potenze Q – come le si chiama al giorno d’oggi – erano menzionate per la prima volta con il nome di divisions infinitésemales (diluizioni infinitesimali).

Il breve articolo della AHZ termina con l’auspicio che la tanto a lungo attesa 6° edizione dell’Organon avrebbe potuto finalmente fare chiarezza sul nuovo metodo di potentizzazione ed il redattore è dell’opinione che la programmata pubblicazione starebbe molto meglio nelle affidabili mani di Bönninghausen, la cui sapienza e “lucidità di pensiero” egli non sarebbe stato capace di elogiare abbastanza. Purtroppo si sbagliava. Ciò che altri omeopati avevano inutilmente cercato di ottenere, fu impossibile da realizzare anche per Bönninghausen, vale a dire convincere Mélanie a rendere disponibile ai seguaci dell’insegnamento di Hahnemann il suo lascito letterario.

Nel 1859, tre anni dopo questo incidente, Bönninghausen pubblicò un articolo riguardante la posologia omeopatica: in esso descrive le sue esperienze positive con le alte potenze (> C30) ed esprime la speranza che la vedova di Hahnemann possa al più presto pubblicare la 6° edizione dell’Organon poiché essa includeva la descrizione di: un nuovo metodo di dinamizzazione relativo alle alte potenze… molto più potenti di qualsiasi altra precedente preparazione. (3) Due anni più tardi sullo stesso giornale apparve un altro articolo di Bönninghausen in cui ancora una volta difende le alte potenze. Afferma che sia egli stesso che altri omeopati le hanno utilizzate con enorme successo e si rifà con enfasi ad Hahnemann. Bönninghausen non menziona quali altissimi dosaggi Hahnemann abbia prescritto ai suoi pazienti durante l’ultima decade della sua vita, ma si limita alla criptica osservazione che: il progresso che egli compì in questo campo negli anni che portano alla sua morte è noto solamente ai suoi intimi amici, a cui ho avuto la fortuna di appartenere. (4)

Il velo di segretezza che avvolgeva tali cosiddette médicaments au globule o potenze 1/50.000, fu in parte sollevato per primo da Richard Haehl nel 1921, quando pubblicò l’ultimo manoscritto dell’Organon. La famosa nota al § 270 contiene una dettagliata descrizione della modalità di preparazione. Secondo tali modalità, la sostanza del rimedio è ridotta 50.000 volte ad ogni stadio di dinamizzazione e, tuttavia, guadagna in potenza infinitamente (5). Altrove Haehl commenta l’importanza che queste potenze Q (Quinquagintamilia), come sono solitamente chiamate al giorno d’oggi, ebbero per la pratica terapeutica di Hahnemann durante gli ultimi anni della sua vita.

Nella sua biografia di Hahnemann, Haehl scrive: Hahnemann chiamò le potenze dei rimedi prodotte secondo questo nuovo metodo “Médicaments au globules” per distinguerli dai “Mèdicaments à la goutte” che venivano prodotti usando un precedente sistema che indicava le potenze con numeri romani. Per indicare le nuove preparazioni fatte con microglobuli egli si avvalse della numerazione araba con l’aggiunta di un cerchietto (cioè 1,2,3,5 ecc.) (6). Inoltre, Haehl menziona che, secondo la cassetta di pronto soccorso di Hahnemann a quell’epoca ancora esistente, questi rimedi erano prodotti in dieci differenti potenze (7).

Quale potenza Hahnemann abbia preferito, però, quando ed in quali casi egli abbia fatto ricorso alle controversie potenze Q (8) e quanto spesso egli ne abbia fatto effettivamente uso, Haehl non fu un grado di scoprirlo. La sua prematura scomparsa gli ha impedito di dare alle stampe i diari clinici di Hahnemann, che non erano stati pubblicati in precedenza e che originariamente non erano stati certo concepiti per essere pubblicati. La parziale pubblicazione da parte di Heinz Henne (9) dei più vecchi diari clinici all’inizio degli anni sessanta del XX secolo non riuscì a soddisfare l’ardente curiosità della maggior parte degli omeopati poiché Hahnemann, come si sa, cominciò a sperimentare queste estreme diluizioni di rimedi omeopatici solamente durante gli ultimi dieci anni della sua vita.

Due medici, l’uno indipendentemente dall’altro, hanno cercato di scoprire negli anni ’90, sulle base di scarsi casi clinici contenuti nei diari, come Hahnemann, nel corso di più di 40 anni di pratica omeopatica, fosse arrivato gradualmente a diluizioni sempre più alte (per primo fino alla 200C) prima che egli sviluppasse infine i médicaments au globules: Peter Barthel (10), medico omeopata, e Karl-Otto Sauerbeck (11), storico della medicina con formazione filologica. Il diagramma di Barthel sulle distinte fasi dello sviluppo del metodo fornisce un quadro particolarmente chiaro ma, comunque, non del tutto privo di problemi.

Lo si può occasionalmente riscontrare nella letteratura attinente (12) ed è stato accolto con un qualche interesse. Eppure, appena un’occhiata ai 17 diari clinici ancora esistenti degli anni parigini di Hahnemann può rivelare quando egli, in modo dimostrabile, iniziò ad utilizzare le misteriose potenze-Q.

La prima pubblicazione storica critica di un diario clinico francese, curata da Arno Michalowski, risale al 1992 (13) e incontrò immediato interesse tra i medici omeopati, che sperarono di trovarvi indicazioni sull’uso delle potenze-Q durante il periodo parigino di Hahnemann. Si può immaginare il loro disappunto (e quello di qualche recensore) quando si resero conto che quel diario clinico non conteneva alcuna informazione sulle potenze 1/50.000 (14). Si è perfino speculato che il curatore del testo potrebbe aver “omesso” le registrazioni significative o che potrebbe essere stato incapace di decifrare le relative abbreviazioni o notazioni.

Michalowski dissipò questi dubbi facendo notare che i casi contenuti nel diario non erano affatto in ordine cronologico, come lo erano stati precedentemente, bensì in ordine per paziente e che, quindi, il fatto che i casi documentati nel diario siglato come DF5 (quello cui si riferisce la pubblicazione di cui si tratta, vedi bibl. 13 – NdT) non contengano alcuna allusione alle potenze-Q deve essere considerato del tutto casuale. Hanspeter Seiler per primo provò a dimostrare che tali diluizioni estreme dovevano essere state menzionate in qualche altro dei diari clinici francesi. Nel 1988, tra l’altro, pubblicò la descrizione di 5 casi clinici risalenti all’inizio degli anni ’40 del 1800 in cui, secondo la sua opinione, Hahnemann avrebbe somministrato differenti potenze-Q. Uno di questi casi riguardava un architetto di 33 anni, tale Charles Tamin.

L’inizio della cartella clinica sembra essere stata redatta da Mélanie. Vi si legge che il paziente aveva sofferto precocemente di psoriasi, con prurito alle gambe. Non sembra ci fosse interessamento di altre parti del corpo. Inoltre, di recente l’architetto aveva lavorato proprio tanto. Quello che seguiva fu scritto da Hahnemann stesso: L’eruzione consiste di piccole pustole sui polpacci, che prudono molto di notte. Per 30 anni. Ha sofferto di ulcera sifilitica che fu cauterizzata con nitrato d’argento.

Facilmente eccitato sessualmente, ma disposto a trovare la giusta misura. Deve trattenersi dal bere caffé e tè nero. Tamin fu trattato con Sulphur, secondo Seiler con la 5^ potenza-Q (5 LM – NdT), un globulo disciolto in 7 cucchiai di acqua e mezzo cucchiaio di alcol. Al paziente fu prescritto di aggiungere un cucchiaio della soluzione ad un bicchiere di acqua e prenderne un cucchiaino da tè al mattino a stomaco vuoto. La soluzione andava presa per una settimana, dopodichè il paziente sarebbe dovuto essere visitato di nuovo da Hahnemann. Come tappa successiva a Tamin fu di nuovo prescritto Sulphur il 9 Novembre.

Stavolta un “6” è scritto sopra un piccolo zero, fatto che Seiler interpreta come una abbreviazione per globulo e, tenendo conto della raccomandazione di Hahnemann contenuta nella sesta edizione dell’Organon di non iniziare con il grado più alto per le nuove potenze, ma con la più bassa dinamizzazione, Seiler suppone che ciò debba riferirsi alle potenze-Q (15). Sfortunatamente non spiega in dettaglio quale altro criterio lo abbia portato a tale conclusione. Va aggiunto che né nei suoi successivi diari clinici, né nella sesta edizione dell’Organon, Hahnemann ha lasciato alcuna indicazione riguardo le abbreviazioni che egli utilizzò nei suoi appunti per questo tipo di prescrizione. Rima Handley, la cui doppia biografia di Samuel e Mélanie Hahnemann fu pubblicata nel 1990, fa esperienza dello stesso problema. Come prova del nuovo metodo di potentizzazione di Hahnemann, riferisce di una paziente, Madame Carré, cui evidentemente fu somministrato Sulphur alla 7^ potenza-Q (= 7LM, NdT) all’inizio del trattamento. (16) La Handley scrive più dettagliatamente a proposito delle potenze-Q nel suo libro In Search of the Later Hahnemann.

Ella ritiene che il musicista Rouselot sia stato uno dei primi paziente ad essere curato secondo il nuovo metodo. Egli consultò Hahnemann una prima volta nel 1837 a causa di un problema d’udito. Per cominciare egli fu curato con una intera serie di rimedi omeopatici alla potenza centesimale. Il 16 Settembre, secondo la Handley, gli fu prescritto un globulo di Sulphur alla 10^ potenza-Q (= 10LM, NdT), sciolto in un bicchiere d’acqua. Perciò la Handley si è convinta che la annotazione “o” si riferisce in modo preciso alla nuova abitudine di Hahnemann di usare i globuli anziché le gocce. E l’uso dei globuli – ella scrive – depone per quelle che oggi indichiamo come potenze LM. (17). Sembra che l’autrice inglese non faccia alcuna attenzione agli studi di Seiler. Eppure anche la Handley difetta nel fornire prove convincenti che le annotazioni di Hahnemann si riferiscano effettivamente ad abbreviazioni per le potenze-Q.

Secondo lei i seguenti rimedi furono prescritti da Hahnemann durante gli ultimi anni della sua vita in forma estremamente diluita: Sulphur – Calcium carbonicum – Graphites – Silicea – Lycopodium – Natrum muriaticum – Nux vomica – Phosphorus – Hepar sulphuris – Belladonna – Bryonia – Opium, ma il maggior numero di prescrizioni riguardava Sulphur. Ella ritiene, inoltre, che Hahnemann prescrivesse le potenze-Q non solo, come raccomandato nella sesta edizione dell’Organon, in ordine ascendente, ma anche in ordine discendente. Come esempio riporta il caso dello scultore Richome. Evidentemente fu il primo cui venne prescritta prima la 11 potenza-Q (= 11LM, NdT) e poi la 10^ (=10LM, NdT). Hahnemann, poi, tralasciò vari livelli e prescrisse la Q15 (= 15LM) seguita dalla Q16 (=16LM) e continuò secondo l’ordine ascendente (Q7, Q8, Q9). La Handley, in base alle sue ricerche, conclude che Hahnemann utilizzò le potenze- Q specialmente per guarire le malattie croniche e che mostrò una spiccata preferenza per Sulphur.

Nei casi acuti sembra che egli preferisse le potenze centesimali. L’omeopata brasiliano Urbitaran C. Adler ha seguito un simile corso di pensiero in un saggio pubblicato nel 1995 sul giornale Medizin, Gesellschaft und Geschichte (Medicine, Society and History) (18). Ha utilizzato i seguenti criteri per identificare le potenze-Q nei diari clinici francesi. In primo luogo, egli usò solamente le annotazioni dal 1837 perché Hahnemann fa notare nella sesta edizione dell’Organon che egli aveva sperimentato le potenze-Q per quattro o cinque anni. Se si accetta la datazione fornita da Haehl (19) il manoscritto di quella edizione fu completato nel febbraio del 1842. Ciò significa che i primi appunti riguardanti queste nuove potenze possono essere stati scritti soltanto tra il 1837 ed il 1838. In secondo luogo, il grado della potenza deve essere 3 o più basso, o potenza al di sopra di 3, facendo in modo che il trattamento cominciasse con una delle prime tre potenze dello stesso rimedio e continuasse con un graduale aumento fino ad una potenza più alta che la 3. Adler presenta come esempio un caso dal diario DF12, che egli ritiene comprovi che Hahnemann non fece uso di nessun particolare nome per indicare le potenze-Q, sia quando registrava il rimedio sia quando descriveva il processo di dinamizzazione: Sulla base dei due criteri sopra esposti, Adler ritiene di poter identificare 681 prescrizioni di potenze-Q nel corso degli anni dal 1837 al 1843, così come segue:

 

Tavola 1 – Numero di prescrizione di potenze-Q per anno

Così come la Handley, Adler osserva che la gamma delle elevatissime potenze che Hahnemann utilizzò manifesta una netta preferenza per Sulphur (Tav. 2). Adler non fa affidamento su una qualsiasi annota zione che potrebbe essere interpretata come una indicazione di potenza-Q, ma, piuttosto, prova a risolvere il problema ricorrendo alla logica. In un recente, non ancora pubblicato riesame della sua precedente investigazione sui diari clinici di Hahnemann, Adler giunge ai seguenti risultati: sono state trovate 1836 prescrizioni di potenze cinquanta millesimali, somministrate tra il 1837 ed il 1843 in tre fasi; sporadicamente all’inizio, successivamente regolarmente comparate alle dinamizzazioni centesimali di un grado simile ed, infine, usate metodologicamente, secondo le istruzioni della sesta edizione dell’Organon. Secondo Adler, Hahnemann probabilmente decise (nel 1840) di scrivere la sesta edizione allo scopo di incorporare nell’Organon le sue più recenti esperienze con la ripetizione di dosi potentizzate e potenze periodicamente modificate. Quindi, egli deve aver perfezionato la sesta edizione perfino dopo il febbraio 1842 per includervi i suoi più recenti risultati ottenuti con le potenze cinquanta-millesimali in grado ascendente, che divennero una tendenza costante nei suoi registri clinici a partire dal secondo quadrimestre del 1842 in poi. Più recentemente, un ulteriore tentativo di andare alla radice dell’enigma è stato compiuto da Luise Kunkle (20).

Il quesito che si è posto è se Hahnemann, nella sua pratica medica parigina, sperimentò le potenze-Q in altri casi oltre ai 681 identificati da Adler. L’analisi di Adler indica, secondo la Kunkle, the Hahnemann prescrisse le potenze-Q soltanto 27 volte prima di aver completato la sesta edizione dell’Organon e che tutti questi trattamenti si verificano nei 15 mesi precedenti al completamento dell’opera. L’assunto della Kunkle è che Hahnemann deve aver provato le potenze-Q molto più spesso nei quattro dei cinque anni precedenti il completamento del suo manoscritto, vale a dire approssimativamente a partire dal 1837/38.

Il suo sospetto è che le annotazioni riguardanti le potenze-Q vanno cercate prevalentemente, se non esclusivamente, nei casi in cui fu prescritto Sulphur.

Tavola 2 – Prescrizione delle potenze-Q per rimedio nei diari clinici francesi

Conseguentemente la Kunkle decide di focalizzare l’attenzione sulle potenze che in precedenza erano state considerate come alte potenze-C (1/190 fino a 1/198) e dove una ascesa graduale dell’ultima cifra è notevole. La Kunkle vede nelle annotazioni 190, 191, 192, 193 un evidente parallelo con le moderne espressioni Q1, Q2, Q3, Q4, Q5. Se fosse così, il numero 19 dovrebbe essere visto come un elemento fisso corrispondente alla lettera per le cosiddette potenze-Q, lettera Q che è oggi usata e che denota la modalità di diluizione. L’ultimo numero dovrebbe, quindi, indicare il grado di potentizzazione (1,2,3,4,5). Ciò lascia il problema del perché Hahnemann avrebbe dovuto scegliere il numero 19 come codice per le sue ultra-alte potenze. La Kunkle fornisce una intrigante risposta alla domanda: la diluizione 1:50.000 se viene scritta come frazione decimale è 0,00002. In questo caso Hahnemann avrebbe probabilmente scelto la numerazione 20, 21, 22, 23 ecc. Secondo il § 270 dell’Organon la diluizione è, comunque, leggermente più alta di 1:50.000, o 1:x >50.000. Per ogni x tra 50.001 e 53.000 la frazione decimale è 0,000019…. Per risparmiare tempo Hahnemannn avrebbe eliminato i numerosi zero prima del 19. Nel caso ciò suoni come una sorta di birbonata, evidenzia quale insolito percorso bisogna seguire per arrivare alla comprensione dei diari clinici di Hahnemann, affinché la teoria che egli ha sviluppato possa essere messa in pratica.

L’ipotesi della Kunkle certamente sarà contraddetta. Ci saranno altri tentativi di spiegazione. Semmai uno di questi sarà soddisfacente rimane da vedersi. La domanda è se il focalizzarsi esclusivamente nella ricerca sulle potenze-Q nei diari clinici non sia un po’ esulare dalla questione. È un approccio unilaterale che si conclude nel trascurare altri interessanti aspetti della pratica dell’ultimo Hahnemann. Vorrei menzionare alcuni punti che Rima Handley non ha per niente trattato, o soltanto di sfuggita; per esempio, gli esperimenti di Hahnemann con il carbone invece che con acqua o alcol nel processo di diluizione oppure l’uso del placebo (cioè latte in polvere) nella sua pratica parigina; le sue istruzioni ai pazienti riguardo la dieta o l’olfattazione dei rimedi che, a quel tempo, fu messa in pratica veramente di frequente. Tutti questi potrebbero essere gratificanti argomenti di ricerca. Altri aspetti potrebbero essere gli esperimenti di Hahnemann con i colpi di succussione oppure le diverse istruzioni fornite ai pazienti su come avrebbero dovuto preparare i loro rimedi a casa.

Molto resta da scoprire nei diari clinici di Hahnemann. Perché non seguire l’esempio di Rima Handley e di altri ricercatori e non dare un’occhiata alle già esistenti trascrizioni e traduzioni di diari clinici (DF2) DF5, se proprio uno non se la sente di studiarli nella lingua originale in cui sono scritti, il francese?

 

Bibliografia

(1) Allgemeine Homöopatische Zeitung 52 (1856), P. 144

(2) Mélanie d’Hervilly’s letter to Bönninghausen from 8.9.1856, Archiv des Instituts für Geschichte der Medizin der Robert Bosch Stiftung, Stuttgart, file M-554

(3) Clemens von Bönninghausen, Einige Worte über Dosologie (Alcune parole a proposito di posologia). In: Allgemeine Homöopathische Zeitung (AHZ) 58 (1859), P.155-56, 165-167, 173-74, citazione: P.156 n 1.

(4) Clemens von Bönninghausen: Zur Würdigung der Hochpotenzen (Valutazione delle alte potenze). In: AHZ 61 (1860), P. 134-35, 140-42, 159-60, 164-65, citazione: P. 159.

(5) See: Samuel Hahnemann: Organon der Heilkunst. Sixth German edition with an introduction by Richard Haehl. Leipizig 1921, P.250; Samuel Hahnemann, Organon der Heilkunst. Textcritical 6th edition, ed. Josef M. Schmidt. Heidelberg 1992, P.218

(6) Richard Haehl: Samuel Hahnemann. Sein Leben und Schaffen (Life and Work). Leipzig, 1922, Vol.1, P.360.

(7) Cf. Haehl (la nota a piè pagina 4), Vol.2, P.439. Questa farmacia poteva ancora essere vista negli anni venti nell’ Hahnemann Museum, di proprietà privata, in Stuttgart. Sfortunatamente è andata distrutta durante l’ultima guerra.

(8) A proposito del termine non corretto, spesso utilizzato, di potenze LM con riferimento alle diluizioni 50.000, cf. la dissertazione di Ursula Isabell Jacobi: Der Hochpotenzenstreit. Von Hahnemann bis heute. Eine pharmaziehistorische Untersuchung (L’argomento delle alte potenze. Da Hahnemann al giorno d’oggi. Una analisi storico-farmaceutica, Heidelberg 1993. Sull’uso del termine scorretto vedere Friedrich Dellmour: Die Entwicklung der Potenzierung bei Samuel Hahnemann und nachträgliche Änderungen der Arzneiherstellung (Sviluppo della potentizzazione hahnemanniana e successiva modificazione della metodologia di preparazione dei rimedi). In: Documenta Homoeopathica 13 (1993), P. 139-188, P. 156.

(9) Hahnemann’s Case Journals 2 and 3. edited by Heinz Henne. Stuttgart 1963; Hahnemann’s Case Journal 4. Edited by Heinz Henne, Stuttgart 1968.

(10) Petere Barthel: Das Vermächtnis Hahnemanns – die Fünfzigtausender Potenzen (L’eredità di Hahnemann – le potenze 1/50.000). In: AHZ 235 (1990), P.47-61. Vedere anche: Peter Barthel: Blick auf die Quellen – Qualität und Dosologie (Uno sguardo alle fonti – qualità e posologia). In: Zs. für Klassische Homöopathie (Rivista di Omeopatia Classica) 39 (1995), P.152-156.

(11) Karl-Otto Sauerbeck: Wie gelangte Hahnemann zu den hohen Potenzen. (Come Hahnemann giunse alle alte potenze). In: AHZ 235 (1990), P. 223-232.

(12) Cf, per esempio, Gotthard Behnisch: Die geschichtlichen Grundlagen der Homöopathie (Le basi storiche dell’omeopatia). In: Dokumentation der besonderen Therapierichtungen und natürlichen Heilweisen in Europa (Documentazione sulle terapie speciali e sui metodi naturali di guarigione in Europa). Essen 1991, Vol.1.1, P.351-398, qui: P.390.

(13) Samuel Hahnemann’s Case Journal DF 5. Edited by Arnold Michalowski. Heidelberg 1992.

(14) Cf, per esempio, Stefan Reis, Rezension, “Samuel Hahnemann, Krankenjournal DF 5” (Revisione del diario clinico DF 5 di Samuel Hahnemann). In: Archiv für Homöopathik 2 (1993), P.47-49, sp. P.48.

(15) Cf. Hanspeter Seiler: Die Entwicklung von Samuel Hahnemann ärztlicher Praxis anhand ausgewählter Krankengeschichten (Lo sviluppo della pratica medica di Hahnemann, basata sullo studio di casi selezionati). Heidelberg 1988, P.189. Esempi per le potenze-Q si possono trovare nei casi 28-32.

(16) Rima Handley: A Homeopathic Love Story: Story of Samuel and Mélanie Hahnemann, Berkeley/Ca, 1997.

(17) Rima Handley, In Search of the Later Hahnemann. Beaconsfield Homeopathic Library, 1997.

(18) Urbiratan C. Adler, Nachweis von 681-Q-Potenzen in den französichen Krankenjornalen Samuel Hahnemann (La testimonianza di 681 casi clinici di potenze-Q nei diari clinici francesi di Samuel Hahnemann). In: MedGG (Journal: Medizin, Gesellschaft und Geschichte – Medicina, società e storia) 13 (1995), P.135-166. Cfr. recentemente: U.C. Adler and MS Adler, Hahnemann’s experiments with 50 millesimal potencies: A further review of his casebooks. (Esperimenti di Hahnemann con le potenze 50 millesimali. Una ulteriore rassegna dei suoi diari clinici) In: Homeopathy 95 (2006), PP. 171-181.

(19) Richard Haehl: Samuel Hahnemann, His Life and Work – ristampa, Delhi 1989, Vol.1, P.241-242.

(20) Luise Kunkle, Samuel Hahnemanns “mysteriöse” Q-Potenzen. In: MedGG 20 (2002), PP- 213-220.

 

Note

1. Si ricorda che in Germania le potenze cinquantamillesimali o LM sono indicate con la lettera Q = quinquaginta milia (NdT)

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