Fonte: www.almaomeopatia.org del: 14 10 2008
In genere, quando si inizia un qualsiasi tipo di discorso in pubblico, le prime parole che si dicono sono: sarò breve.
Non mi sottraggo a questa regola rassicurante, e anche io esordisco dicendovi sarò breve, ma lo faccio non perché questa sia la prassi, ma per mettere in pratica uno dei tanti piccoli grandi insegnamenti di Hugo, (il dottor Hugo Christian Carrara, omeopata argentino de La Plata, da questo momento in poi diventa semplicemente Hugo), che era solito dire che Dio ci ha dato una sola bocca per parlare, ma due orecchie per ascoltare.
Per mantenere fede alla parola data e per non essere quindi troppo prolisso, proverò a farvi conoscere Hugo attraverso tre aggettivi, proprio come se si trattasse di un interrogatorio omeopatico, quando si chiede al paziente:”Se chiedessi alla persona che meglio la conosce di descriverla con tre aggettivi, quali aggettivi mi direbbe?”.
I tre aggettivi che meglio si addicono a Hugo sono:
Rigoroso, Generoso e Modesto.
Bene il primo aggettivo è rigoroso.
Rigoroso nell’osservanza e nell’applicazione della Dottrina di Hahnemann.
Ho avuto la grande fortuna di averlo come insegnante fin dal primo anno di frequenza della Scuola di Verona, e ricordo che lui non ci faceva leggere semplicemente l’Organon, ma ce lo faceva studiare, in modo approfondito, e poi commentava con noi, paragrafo per paragrafo.
E ci ripeteva spesso che, per diventare bravi omeopati, era indispensabile una buona conoscenza della dottrina.
Il suo rigore dottrinario è evidente nell’Approssimazione al Metodo dell’Omeopatia Pura, elaborato nella sua prima stesura in collaborazione col dr. Marcelo Candegabe, Metodo che, secondo me, diventerà, se già non lo è, un punto fermo dell’Omeopatia.
Il secondo aggettivo è generoso.
Generoso non solo nel condividere con tutti il suo profondo sapere, ma generoso anche, anzi soprattutto, nelle piccole cose della vita di tutti i giorni. Tutti noi abbiamo sicuramente fatto l’esperienza di extracomunitari che, sempre rigorosamente all’ora di pranzo, si attaccano al campanello di casa per offrire accendini, strofinacci, fazzoletti di carta… spesso non viene loro neanche aperto. Hugo non solo apriva a tutti, ma acquistava sempre a prezzo maggiorato.
Se gli veniva richiesto uno, offriva sempre due.
Bene. Ci fu un periodo in cui, la dott.ssa Dotto (Michela Dotto, moglie di Hugo) ve lo può confermare, i cassetti degli armadi di casa Carrara, rigurgitavano di calzini mai indossati che non si sapeva più dove mettere.
Sapete che questo tipo di vendita non è “a pezzo singolo”; vi offrono 10 accendini (con autonomia massima che va dalle 8 alle 12 ore), 10 paia di calzini o 20 pacchetti di fazzolettini di carta. Hugo, in quel periodo, acquistava stock di calzini che, naturalmente, non aveva neanche il tempo materiale per indossare.
Hugo, poi, era fermamente convinto che tutti quelli che si rivolgevano all’Omeopatia, per il semplice fatto di essersi rivolti all’Omeopatia, avevano diritto ad essere visitati.
E lui visitava tutti, e lo faceva gratuitamente per chi non poteva permettersi di pagarlo.
Per lui il denaro è sempre stato un mezzo, mai un fine.
E’ sorprendente la coerenza che c’è tra quello che vi ho appena detto e il nome Hugo.
Qualche tempo fa, mi è capitato per caso tra le mani un libro in cui si parlava del significato dei nomi propri…e sentite cosa diceva di Hugo.
Il significato del nome Hugo è spirito, senno; e del carattere si dice: Ugo è un pensatore spesso incompreso, perché ritenuto strano, bizzarro. Metodico e tranquillo, è un ragazzone innamorato della propria libertà (e Hugo, con le tragiche vicissitudini che aveva dovuto sopportare in Argentina, che lo avevano costretto a venire in Italia, non era solo innamorato della sua libertà, ma lo era della Libertà con la elle maiuscola, della Libertà in generale). Poco interessato alla carriera e al denaro in genere.
Il terzo aggettivo è modesto.
La parola modesto deriva dal latino modus, misura, limite. Hugo era misurato. In un mondo in cui essenziale è apparire e non essere, lui non amava mettere in mostra, esibire i suoi meriti, il suo valore, le sue capacità.
La compostezza del suo contegno, nasceva da un sentimento di intimo pudore, di riservatezza, che permeava tutto il suo modo di essere.
Sembrano frasi fatte, ma vi assicuro che era proprio così.
Bene, i tre aggettivi ve li ho detti. Ora, per completare la repertorizzazione, proviamo ad aggiungere qualche altro sintomo caratteristico e peculiare.
Potrei parlarvi, per esempio, della sua idiosincrasia alla cravatta, all’”abito da congresso” e alle serate di gala.
E’ rimasto famoso un episodio avvenuto a Panama, dove Hugo si era recato per incontrare un pezzo grosso del Ministero della Sanità.
Hugo va vestito alla sua solita maniera: jeans, e camicia (maglione non necessario nel caldo torrido di Panama).
Pare però che a Panama siano piuttosto formali e molto sensibili all’etichetta, per cui qualcuno gli consigliò amichevolmente di indossare qualcosa di più consono all’importanza dell’evento e, soprattutto, del personaggio che avrebbe incontrato. Hugo, a malincuore, dovette andare di corsa ad acquistare un vestito, con relativa cravatta, che, naturalmente, indossò solo in quella occasione.
Una cosa che ho visto fare solo ad Hugo, quindi sintomo assolutamente individualizzante, è questa:
quando fu creata l’Accademia dell’ Omeopatia, preparavamo le lezioni a casa sua. Iniziavamo dopo cena e le serate di studio,ovviamente, diventavano nottate. E queste nottate venivano interrotte
per bere un bicchierino di rum abbinato a cioccolata amara. Hugo, prima di versare il rum nei nostri bicchieri, ne versava sempre un po’ in un angolo della stanza, come offerta per gli assenti, diceva.
Per motivi di salute, da qualche tempo, ho smesso di bere superalcolici, ma non vedo l’ora di ricominciare per essere io, questa volta, ad offrire a Hugo quel rum che gli piaceva tanto.
Avrete ormai capito che per me Hugo è stato un grande, anzi grandissimo amico, (dell’amicizia Hugo diceva : Un amigo es uno mismo con otro cuero, un amico sei tu stesso con un’altra pelle), e avrete anche capito che non sono un grande oratore, ed è per questo che, per terminare, voglio chiedere l’aiuto di uno che di oratoria se ne intendeva, Cicerone, il quale, nel De Amicitia, scrive:
L’amicizia offre vantaggi così grandi che appena posso descriverli.
Che cosa c’è di più confortante che avere qualcuno a cui dire qualcosa come a sé stesso?
Quale vantaggio avresti nella prosperità se non avessi chi potesse goderne con te?
Le avversità, poi, sarebbe molto più difficile sopportarle senza un amico che le condivida con te.
Pur essendo molti e molto grandi i vantaggi dell’amicizia, quello che li supera tutti è che fa brillare ai nostri occhi la luce della speranza per il futuro e non permette lo scoraggiamento e l’abbattimento.
Per l’amicizia gli assenti diventano presenti, i poveri ricchi, i deboli forti e, più difficile ancora, i morti vivi: nella stima, nel ricordo, nella nostalgia degli amici.