(prima riflessione) L’omeopatia ci insegna che nelle malattie epidemiche esiste la possibilità di arrivare a definirne un’immagine complessiva attraverso la raccolta dei sintomi dei singoli casi, osservando quali siano i sintomi più e meno ricorrenti, più e meno forti di intensità.
‘Le persone colpite dall’epidemia in corso soffrono tutte di una malattia proveniente dalla stessa fonte e, di conseguenza, simile.'(Hahnemann, ‘Organon’ pgf.102) Ma qual’è la stessa fonte?
Ai tempi di Hahnemann non erano noti batteri e virus. Ora si, ma questo non sembra cambiare di molto il senso di quelle osservazioni.
Prima di tutto siamo proprio sicuri che le epidemie dipendano solo da virus e batteri?
La cosa che osserva Hahnemann e riporta in quel paragrafo è il fatto che la malattia sia primariamente un disturbo energetico o dinamico o aurico o elettromagnetico come dir si voglia, dotato di una coerenza tale da poter essere definito come un vero e proprio personaggio, quello che poi viene confrontato con i medicinali per arrivare ad una terapia. Un personaggio che ha caratteristiche proprie nel modo di pensare, percepire, emozionarsi, reagire fisicamente.
Un personaggio che potrebbe essere addirittura la manifestazione di una risposta automatica a bisogni collettivi di cambiamento, risistemazione, che la società ‘chiede’.
Dunque per Hahnemann l’epidemia è una perturbazione energetica immateriale prima di tutto che, aggiungiamo qui, può anche divenire fisica, sintomatica, ma non necessariamente.
Come spiegare altrimenti il fatto che il sottoscritto, come diverse altre persone di mia conoscenza, particolarmente sensitive, si trovino a sperimentare sensazioni proprie di una epidemia addirittura prima della sua individuazione clinica, prima quindi che inizi e che ne siano noti i sintomi fisici? È come se si fosse in grado di percepire con il ‘sentire’ i tratti di quel personaggio, che poi diverranno manifesti nei sintomi fisici dell’epidemia.
Sembra essere proprio quella perturbazione energetica o dinamica ad essere in grado di modificare il terreno al punto di predisporre l’organismo ad accogliere i virus e batteri.
È come se quell’informazione trans-personale arrivasse per creare un salto di consapevolezza collettivo. Diventa malattia solo e soltanto se la singola persona ha bisogno di fare quell’esperienza sul piano fisico. E tanto più c’è convinzione inconscia di averne bisogno, più crescono gli effetti di quella paura che va a spalancare la porta all’invasione, bloccando le difese immunitarie.
Non dimentichiamo che il primo movente di una malattia, qualsiasi malattia, è una necessità animica che di volta in volta ha significati diversi in termini di fermata, ripensamento, pausa e riequilibrio di stress insopportabili, fuga necessaria da responsabilità troppo grandi, incapacità di affrontare relazioni, paure ingestibili… qui inseriti nel contesto di un bisogno / alterazione generalizzata della società, in termini di materialismo, svalorizzazione dell’età avanzata, annullamento della capacità di condividere, mancanza di Cuore e quanto altro ancora?…
Sono questi vissuti di sofferenza profonda che, creando o in concomitanza di uno stato alterato dell’organismo (cibo alterato, inquinamento, stress ambientale…), spalancano la porta a quegli agenti che rendono fisico il quadro nelle singole persone.
Una tesi ardita? Non proprio per una visione spirituale dell’uomo, forse però difficile per una medicina che non vuole decidersi a guardare come nasce e si sviluppa la malattia, prima di mostrarsi a livello fisico.
La prima domanda è: l’aspetto di quali personaggi va assumendo questa epidemia? I medicinali simili a quell’insieme, cosa ci mostrano essere davvero perturbato a livello animico e mentale? E quindi questa epidemia che cosa è arrivata a mostrare / riequilibrare / curare?