Con ‘memoria dell’acqua’ si intende la capacità di quest’ultima di memorizzare o ‘ricordare’ una data informazione con la quale entra in contatto. Nel processo omeopatico, il principio attivo di una sostanza è diluito in acqua milioni di volte, tanto da non contenere più una sola molecola del principio attivo, il quale, secondo tale teoria, resterebbe memorizzato nell’acqua. Il fatto che questa sia in grado di conservare memoria del principio attivo di una sostanza risulta inaccettabile per la scienza attuale, perché impossibile da verificare.
Lo scetticismo del mondo scientifico riguardo l’omeopatia si fonda anche su questo punto-cardine. Eppure alcuni studiosi, oggi, vedono nelle proprietà ‘nascoste’ dell’acqua un terreno di indagine innovativo e rivoluzionario: “L’omeopatia, negata dall’accademia e denigrata dall’industria farmaceutica – spiega il professor Claudio Cardella – è temuta alla stregua di un grimaldello in grado di scardinare le basi del paradigma scientifico attuale, perché costituisce una pietra di fondamento di quello futuro”.
Ingegnere meccanico aerospaziale, ricercatore universitario presso La Sapienza di Roma, il professor Claudio Cardella studia le proprietà dell’acqua da oltre 30 anni. In particolare, ha condotto ricerche sulle ultradiluizioni, l’omeopatia, il Trasferimento dei farmaci in frequenza (TFF), e gli effetti dei campi elettromagnetici ultra-deboli sulle proprietà dell’acqua. La sua è sempre stata una ricerca di frontiera o, per meglio dire, ‘eretica’, perché a cavallo tra la ‘scena’ del mondo temporale, basato sulle leggi fisiche note a tutti, e un ‘retroscena’ atemporale, speculare rispetto al primo, ma dotato di una diversa ‘fisicità’.
Per cercare di approfondire questo argomento, abbiamo incontrato il professor Cardella che ci ha illustrato i risultati dei suoi esperimenti sulla memoria dell’acqua:
Professore, come è nato l’interesse verso la ‘memoria dell’acqua’?
“Nel lontano 1978 ho scritto un articolo intitolato ‘Il ruolo dell’acqua nei sistemi biologici’, in collaborazione con il dottor Fulvio Di Pascale. Nell’articolo si ipotizzava che l’acqua fosse dotata di una sorta di memoria finché fosse biologicamente ‘attiva’. Il concetto di ‘memoria dell’acqua’ è nato in quell’occasione, perché, nonostante si trattasse di 30 anni fa, avevo avuto notizia dell’Omeopatia, che tuttavia conoscevo solo per sommi capi. L’articolo non ha trovato pubblicazione su nessuna rivista scientifica (Nature, Foundation of Phisycs, Origins of Life), perché la tesi in esso contenuta era considerata ‘una follia’. Nel 1982 ho inviato l’articolo al professor Linus Pauling, (uno dei padri della chimica moderna, ha ricevuto due premi Nobel). Ha risposto con una lettera autografa nella quale affermava di non credere alla “tesi della memoria dell’acqua”; certificando, seppur in termini negativi, la mia primogenitura su questo argomento. Negli anni a seguire ho intrapreso la via sperimentale, portando avanti ricerche di laboratorio e, al tempo stesso, chiarendo sempre più la visione sull’omeopatia. Una delle sperimentazioni più importanti l’abbiamo eseguita a Napoli, all’epoca il nostro team era formato da una quindicina di studiosi, per la maggior parte biologi e farmacisti dell’università partenopea Federico II”.
In cosa consistevano gli esperimenti?
“Base dell’omeopatia è l’inversione del principio attivo. Ad esempio, omeopatizzando il caffè, che è una sostanza eccitante, ottengo un tranquillante. La nostra intenzione era dimostrare che, preparando omeopaticamente una sostanza chimica antivegetativa, come un diserbante, e ponendo delle lenticchie in un terreno di coltura innaffiato con tale preparato omeopatizzato, chimicamente indistinguibile dall’acqua, la germogliazione non solo sarebbe avvenuta, ma sarebbe stata più rigogliosa. Omeopatizzammo il diserbante più potente reperibile in commercio, (‘Seccatutto’), fino ad ottenere una soluzione 11CH. Per essere sicuri di non contaminare in nessun modo l’esperimento, lo realizzammo ‘in cieco’, ovvero gli operatori ai quali consegnammo i recipienti per la sperimentazione non sapevano quali contenessero acqua pura e quali acqua trattata omeopaticamente; non ne era a conoscenza neppure la persona che distribuiva i recipienti agli sperimentatori, ma soltanto una terza persona, ossia chi li aveva preparati. L’esperimento fu condotto in maniera rigorosa in ogni sua parte. Alla fine, le piantine di lenticchie irrorate con ‘diserbante omeopatizzato’ erano cresciute del 25-30 per cento in più rispetto a quelle innaffiate con semplice acqua. Questo risultato fornì la conferma sperimentale dell’effettiva azione omeopatica, in base alla quale viene invertito il principio attivo di ogni sostanza (legge di Arnoldt-Schultz). L’aforisma omeopatico ‘Similia similibus curantur’ (il simile cura il simile), quindi, non è del tutto vero. Se nel corso della procedura omeopatica le proprietà del principio attivo subiscono un ribaltamento, allora il simile non viene curato dal simile, bensì dall’antisimile. Nel nostro caso un potente diserbante, trattato omeopaticamente, aveva assunto caratteristiche di fertilizzante. Il procedimento per omeopatizzare un principio attivo consiste in successive diluizioni del principio stesso, intervallate ciascuna da un energico scuotimento (dinamizzazione). Il fondamento è la soluzione in acqua; nella soluzione, il principio attivo in quanto tale scompare, e diventa soluto, ciò implica la ‘distruzione’ da parte dell’acqua del principio attivo e la permanenza, nell’acqua, del lavoro compiuto per operare tale ‘distruzione’. Infatti, le successive diluizioni rimuovono progressivamente ‘i cocci’, per così dire, del principio attivo originario, ma non il lavoro che l’acqua ha compiuto, una volta per tutte, per portarlo in soluzione. Questo lavoro è specifico per ogni sostanza e in qualche modo ne rappresenta l’impronta (la memoria) permanente nel corpo dell’acqua”.
Il metodo scientifico si basa sulla riproducibilità. Forse gli esperimenti sull’acqua o sui processi omeopatici non sono considerati validi dalla scienza perché manca questo requisito?
“Gli esperimenti sono riproducibili, ma non secondo i parametri scientifici attuali. Con ciò intendo dire che tali sperimentazioni sono riproducibili secondo qualità, ma non secondo quantità. Mi spiego meglio: eseguendo analisi chimico-fisiche si può riconoscere un’acqua che ha subito un processo omeopatico, ma tra queste, non tutte si presentano nella stessa maniera, la loro ‘struttura’ è alterata, ma non sempre nello stesso modo. Sicuramente, in seguito ad un processo di ‘imprinting’ dell’acqua (oltre quello omeopatico, esistono diversi modi di lasciare una traccia, ad esempio attraverso il Trasferimento di Farmaci in Frequenza [4]), la formula chimica resta invariata. Per gli esperimenti di laboratorio utilizzo acqua bi-distillata e de-ionizzata, e ovviamente uso sempre lo stesso tipo di acqua per ogni esperimento. Se la sottopongo a procedimenti che ne alterano la ‘memoria’, l’acqua presenterà alcune proprietà chimico-fisiche diverse da quella di partenza (come il ph, l’entalpia di mescolamento, etc), una di queste proprietà è la ‘conducibilità elettrica’. La non riproducibilità sta nel fatto che, eseguendo un esperimento, si può registrare una variazione di conducibilità dell’acqua, ad esempio del 20%. Ripetendo l’esperimento su un nuovo campione, si può ottenere una variazione diversa, diciamo del 40%, ripetendolo ancora, sarà magari del 15%. La conducibilità dell’acqua è alterata sicuramente, ma la misura del cambiamento varierà da esperimento a esperimento. E questo non soddisfa i parametri scientifici di riproducibilità, in base ai quali un esperimento, per essere considerato valido, deve fornire sempre gli stessi risultati. Tuttavia una tale variabilità è tipica dei sistemi viventi. Si dovrebbe allora dire che l’acqua, in seguito ad un trattamento di ‘imprinting’, acquista caratteristiche biologiche? Una cosa è certa, i risultati sperimentali condotti finora dimostrano che la memoria dell’acqua non è una chimera. L’acqua è una sostanza biologicamente attiva: come potrebbe non esserlo, dato che è la base della vita?”
Perché l’acqua omeopatizzata cambia proprietà, ad esempio, di conducibilità?
“Perché è come se diventasse ‘viva’. Questa era la mia ipotesi di partenza fin dai primi esperimenti del 1978. All’epoca avevo scritto: “L’acqua possiede memoria finché è biologicamente attiva”. Adesso, a trent’anni di distanza, ho potuto verificarlo in laboratorio. Per spiegare il concetto di acqua ‘viva’ o ‘attiva’ descriverò l’esperimento condotto in ambito universitario, presso il Dipartimento di Chimica della Sapienza di Roma. Abbiamo realizzato un semplice apparato [1] , utilizzando 50cc di acqua standard di laboratorio, bi-distillata e de-ionizzata. Abbiamo esposto il liquido ad un campo ultradebole, ovvero un campo che ha la stessa intensità del campo geomagnetico della Terra, quello che fa muovere la lancetta della bussola. Quindi un campo naturale, non prodotto da una corrente elettrica. L’apparato può essere paragonato alla vecchia radio a galena con cui giocavamo da bambini. Tra l’apparato e il recipiente contenente l’acqua non c’è contatto di nessun tipo, si tratta di un procedimento ancora più ‘asettico’ di quello omeopatico, perché non opera nessun intervento invasivo sul campione d’acqua. Dopo l’esposizione dell’acqua al campo ultra-debole, ne abbiamo misurato la conducibilità, ed è risultata alterata rispetto all’acqua di partenza, precisamente presentava valori maggiori. A distanza di tempo, una settimana circa, abbiamo notato che la conducibilità dell’acqua era aumentata ulteriormente; è importante sottolineare che il recipiente era stato esposto al campo una sola volta e che l’aumento di conducibilità si era prodotto mentre il campione era conservato al riparo di altri campi elettromagnetici. Poi, continuando a misurare la conducibilità del medesimo campione d’acqua ad intervalli di tempo, abbiamo riscontrato, con grande sorpresa, che il valore della conducibilità andava via via aumentando senza mai diminuire. Il costante aumento dei valori della conducibilità – per un periodo di oltre 7 mesi dalla esposizione del campione di liquido al risonatore – indica che l’acqua assume nuove caratteristiche chimico-fisiche. È importante notare che la correlazione causa–effetto tra il campo ultradebole del risonatore e la variazione dei valori di conducibilità elettrica diventa evanescente, poiché ad una causa non osservabile corrisponde un effetto misurabile. A tutt’oggi non disponiamo di una teoria in grado di giustificare completamente questo comportamento. Nel grafico si può constatare l’aumento progressivo della conducibilità:
[L’andamento, nel tempo, dei valori di conducibilità è stato monitorato per 222 giorni. L’ultimo giorno il campione ‘D’, è stato diluito con acqua non trattata in rapporto 1/10; la soluzione risultante, mostrava una diminuzione del valore di conducibilità pressoché uguale al rapporto di diluizione.]
Poiché l’acqua compie un lavoro chimico (di aggressione del vetro) e un lavoro elettrico (di trasporto di cariche) e poiché ad ogni lavoro corrisponde una variazione di energia, ci si chiede: a quale variazione di energia corrisponde questo lavoro?”.
Perché la scienza non dà credito all’omeopatia e, più in generale, alla capacità dell’acqua di ‘memorizzare’?
“La peculiarità dell’omeopatia è che il principio attivo, dopo le prime tre o quattro diluizioni, non è più reperibile dal punto di vista chimico nella soluzione. Questo significa che una diluizione 4CH è chimicamente indistinguibile dall’acqua distillata con cui è stata preparata. Nella prima diluizione omeopatica centesimale (1CH), il principio attivo è presente in ragione di una parte su cento, nella 2CH di una parte su diecimila, e nella 3CH di una parte su un milione; ne consegue che dalla terza diluizione in poi, l’acqua omeopatica è, all’analisi chimica, altrettanto pura quanto l’acqua di partenza, ed è dunque indistinguibile da quella. La ragione per cui la scienza ostracizza l’omeopatia è che, oltre un certo numero di diluizioni, non riesce più a misurare e ponderare il principio attivo di partenza; e quindi stabilisce erroneamente l’equazione: ‘Nessun principio attivo ponderalmente osservabile, dunque nessun rimedio’, trascurando completamente il fatto che il principio attivo, anche se non più rilevabile, tuttavia ha partecipato al procedimento lasciando traccia di sé nell’acqua. Dopo questo esperimento ne sono seguiti molti altri, tuttora sto portando avanti gli studi. Le sperimentazioni, mie e di altri colleghi, sono state pubblicate sempre su giornali ‘borderline’, fuori dal circuito scientifico. La scienza non ‘vede’, o non vuol vedere. E i motivi sono diversi, il più consistente dei quali è quello economico. La medicina allopatica [2] ha dalla sua parte le multinazionali di settore. Inoltre, se si ammettesse, a livello scientifico, che durante il processo omeopatico l’acqua riesce a memorizzare il principio attivo della sostanza con la quale entra in contatto, e con le ripetute diluizioni il principio attivo si rafforza, e che, per la legge di Arnoldt-Schultz, quest’ultimo si inverte, potrebbe essere riconosciuta una volta per tutte dalla scienza come rimedio con la stessa dignità di quelli della medicina allopatica, nella cura del fisico quanto della psiche, con il vantaggio che la medicina omeopatica è naturale, non intossica l’organismo in nessun modo”.
Sarebbe una doccia fredda per le case farmaceutiche.
“Certo, gli interessi economici in gioco sono grandi, ma al di là dell’aspetto economico, sarebbe una rivoluzione in termini scientifici. Si dovrebbero rivedere interi paradigmi, quelli che reggono la fisica, la chimica, la biologia. Albert Einstein, che era anche un grandissimo filosofo (a mio avviso, molto migliore come filosofo che non come fisico) una volta disse: “L’Universo esiste perché qualcuno è in grado di pensarlo”. Il senso di questa affermazione è che la base dell’Universo è psichica, prima che fisica. E la dimostrazione la fornisce proprio l’omeopatia.
Io insegno il meccanismo d’azione omeopatico a medici omeopati, non sono un medico, insegno loro esclusivamente come agisce il rimedio. È importante notare che l’omeopatia non cura soltanto patologie fisiche, ma anche psichiche. La depressione, ad esempio. Per il tipo di depressione che dà apatia, mancanza di autostima e fiducia in se stessi, fiacca, etc, il rimedio omeopatico è il Plumbum, il piombo. Cosa ha a che fare una persona che soffre di depressione, malattia quindi psichica e non fisica, con del semplice piombo? Se si analizzano le caratteristiche specifiche del piombo comune, si nota che è molle (è duttile, non ha consistenza), grigiastro, facilmente fusibile (non resistente), pesante, e così via. Sono caratteristiche simili a quelle che prova una persona affetta da questo determinato stato depressivo: mancanza di personalità forte e definita, comportamento passivo ed apatico, sfiducia in se stessi e nel mondo circostante. Dunque, anche le patologie di tipo psichico hanno corrispettivi, di carattere simile, nel regno minerale o vegetale”.
Cosa accomuna, secondo lei, tutti gli esseri presenti nel mondo fisico?
“Ogni ‘oggetto’ dell’Universo, dal microscopico al macroscopico, è retto da un progetto. L’atomo è retto da un progetto, così come le galassie. Dai ‘mattoni fondamentali della materia’ agli ammassi stellari. Il progetto è una ‘mancanza’, una necessità di ‘essere’. Chiedo sempre ai miei studenti: “Perché Michelangelo creò la Pietà?”, la risposta è semplice, perché ne sentiva la necessità, perché ne sentiva la ‘mancanza’ e ne aveva il desiderio. Nel momento in cui Michelangelo è passato dal marmo alla Pietà, è passato dalla potenza all’atto, soddisfacendo il proprio desiderio, che si è trasferito dentro la statua. Il progetto, quindi, si oppone alla sua stessa realizzazione. Il progetto realizzato non è più una mancanza, è diventato un oggetto che esprime sempre, più o meno imperfettamente, il disegno originario, in dipendenza delle condizioni locali e globali in cui si trova ad essere realizzato. Se riesco ad estrarre e prelevare il progetto dal corpo che lo custodisce, il corpo decade, ma il progetto resta. E, non essendo più legato a un corpo, è Universale. Ogni corpo sensibile ha due aspetti opposti e complementari. Quello di ‘scena’, che percepiamo, ossia ‘ciò che è’, in base a come interagisce con tutti gli altri corpi. E quello di ‘retroscena’, sempre trascurato, ossia ‘ciò che non è’. Per dirla con Lewis Carroll, sono i giorni di ‘non-compleanno’ festeggiati dal Cappellaio Matto in ‘Alice Underground’, titolo originario di ‘Alice in Wonderland’ (Alice nel paese delle Meraviglie). Il termine ‘underground’ scelto da Carroll è un perfetto sinonimo di ‘retroscena’, ma in italiano significa solo ‘sottoterra’. I due aspetti, scena e retroscena, costituiscono le due facce di una stessa medaglia e sono quindi inscindibili. Ma sono dotati di una diversa ‘fisicità’. La nostra scienza sa agire solo sulla scena. L’Omeopatia e il Trasferimento di Farmaci in Frequenza (TFF) [3] agiscono invece dal retroscena per determinare la scena”.
“Non esiste nessuna adeguata difesa, eccetto la stupidità, contro l’impatto di una nuova idea”.
Percy Williams Bridgman (fisico)
NOTE
[1] Si tratta di un circuito costituito da tre condensatori e un’induttanza. L’induttanza è la proprietà dei circuiti elettrici tale per cui la corrente che li attraversa induce una forza elettromotrice che, per la legge di Lenz, si oppone alla variazione dell’intensità della corrente stessa. La grandezza fisica associata, detta anche coefficiente di autoinduzione L del circuito, è il rapporto tra il flusso del campo magnetico concatenato con il circuito e la corrente elettrica passante.
[2] L’allopatia è una metodica terapeutica basata sul principio ippocratico ‘contraria contrariis curantur’ secondo cui, per portare a guarigione un soggetto malato, gli si devono somministrare farmaci capaci di provocare nell’individuo sano fenomeni o sintomi contrari a quelli della malattia. Essendo questo assunto opposto al metodo operativo dell’omeopatia, il termine viene generalmente utilizzato dagli omeopati per indicare le terapie della medicina ufficiale.
[3] O quanto meno dotato di estensione geometrica, come insegnava Aristotele; un corpo è tale solo se ‘geometricamente esteso’ ossia ‘osservabile’; al tempo stesso l’estensione geometrica, essendo la proprietà generale di tutti i corpi,– sempre secondo Aristotele – è la forma della materia prima pura e originaria, Hylé, da cui tutti i corpi sono costituiti, donde la teoria ilemorfica = Hylè + Forma.
[4] Vi sono almeno due modi di scrivere nell’acqua: tramite l’omeopatia e tramite il Trasferimento di Farmaci in Frequenza (TFF), termine coniato dal dottor Massimo Citro. I due metodi sono analoghi, ma specularmente opposti. L’Omeopatia toglie informazioni al principio attivo e le inserisce nel progetto dell’acqua. In questo processo si ha l’inversione del principio attivo (legge di Arnold-Schultz). Il TFF, per contro, aggiunge informazioni al progetto dell’acqua senza alcuna inversione.