Aspetti etologici e pratici della repertorizzazione negli equini – Dott.ssa De Benedictis

OMEOPATIA IN IPPIATRIA – ASPETTI ETOLOGICI E PRATICI DELLA REPERTORIZZAZIONE NELLA PRATICA CLINICA  DELLA SPECIE EQUINA

INTRODUZIONE L’applicazione  dell’omeopatia  in ippiatria pone non solo aspetti deontologici ed etici, ma anche importanti questioni metodologiche e pratiche.  Nella  pratica clinica si incontrano casi clinici  che presentano svariati problemi, quali problemi di  ferratura e di  trasporto ,  cali di performances o addirittura atteggiamenti ossessivo compulsivi. Spesso l’intervento veterinario è richiesto per un a zoppia o una colica, ma ad una  attenta anamnesi seguendo il  protocollo omeopatico , emergono una serie di problematiche comportamentali che caratterizzano la sofferenza del paziente.  L’abilità nel tradurre in linguaggio repertoriale i disagi che il cavallo manifesta, è legato ad una approfondita conoscenza dell’etologia e del comportamento di questa specie. Solo in questo modo si può comprendere la differenza tra comportamento istintivo e appreso e le patologie psico-fisiche che ne derivano. Davanti a una rosa di sintomi che si affacciano sul repertorio,la scelta deve essere fatta considerando oltre ai sintomi  mentali e comportamentali anche i sintomi eziologici, le modalità, i sintomi generali, e i sintomi locali,coerentemente con le caratteristiche morfo- funzionali ed  etologiche della specie.  Il concetto di cura in veterinaria è condizionato dalle variabili dettate dal comitato di Bioetica, dalla relazione precedente e dalla pratica.

MATERIALI E METODI – Allo scopo di identificare i sintomi repertoriali utili nella applicazione della metodologia  omeopatica nella pratica ippiatrica ,si prendono in considerazione i seguenti aspetti:   Benessere animale – Caratteristiche etologiche e comportamentali  -Come si struttura una stereotipia – Caratteristiche – concetto di cura 

 

 

 

Think like a horse – Questa è una breve introduzione e non ha la pretesa di essere un trattato specialistico, ma  auspichimo possa essere un contributo ai veterinari e agli esperti del settore, che non si sono ancora avvicinati  a questa materia controversa, a prendere in considerazione il punto di vista del cavallo e ad apprezzare i benefici dell’omeopatia. Il termine etologia significa “ lo studio degli animali nel loro ambiente naturale”. Una distinzione deve essere fatta tra etologia ed etologia veterinaria perché riguarda il processo di addomesticamento. L’addomesticamento è un processo nel quale l’uomo assume  il controllo dell’allevamento, della  riproduzione e della cura dell’animale, e dunque al contrario della definizione di etologia, un modo innaturale sotto il controllo umano.Questo processo iniziato nel passato non è ancora finito. Il processo di controllo della riproduzione e della cura degli animali e dunque anche l’interazione uomo- animale diventa sempre più intenso. Il controllo che l’uomo vuole avere sugli animali, nel secolo scorso è cresciuto enormemente.  A questo proposito è rilevante l’atteggiamento di responsabilità che l’uomo ha assunto per il controllo degli animali, tanto di quelli selvatici e in via di estinzione, quanto per quelli addomesticati. Probabilmente se mettessimo uno dei nostri cavalli altamente selezionati libero in natura, questo non sarebbe in grado di sopravvivere, primo perché l’uomo è diventato il solo  selettore del materiale  genetico e secondo perché la selezione naturale non agisce da tempo su di loro. Gli animali domestici ,definiti da un famoso etologo gli “animali di plastica”  e da un famoso veterinario docente universitario “Animale tecnologico” , possono sopravvivere solo in “ambienti di plastica” o “innaturali”. L’uomo ha dunque manipolato  gli animali tradizionalmente domestici nel loro patrimonio genetico spingendoli ad adattarsi a un ambiente modificato che è poi diventato “ambiente naturale” per loro. Lo sfruttamento degli animali da parte della società industriale per il perseguimento di fini materiali ha finalmente prodotto negli ultimi decenni un’attenzione sempre più grande sui pericoli derivati da una visione meccanicistica della vita. Sono sorte organizzazioni per la protezione della salute e del  rispetto animale. Paradossalmente le ostilità più grosse rispetto a queste organizzazioni e anche a questa nuova scienza della Medicina Veterinaria, il comportamento animale, viene proprio da parte della scienza veterinaria e dal codice deontologico . Gli argomenti emotivi e sentimentali della gente comune non toccano i veterinari, specie quelli che si occupano di animali da allevamento,  occupati a medicalizzare a numeri rilevanti di capi per far fronte a patologie sempre più difficili da eradicare e considerando l’animale una macchina produttiva, spesso sono visti come una seccatura. Questo atteggiamento non necessariamente soddisfa caratteri di economia aziendale nel rispetto della tutela animale.  Cosa può interessarci se le galline sono chiuse in una gabbia in sovrannumero  o la scrofa dentro una gabbia a vita o i vitelloni legati  a una catena? C’è da dire che solo da poco vi è una normativa e delle penalizzazioni per chi non osserva le regole del benessere animale, e che dunque lasciava soli quei veterinari che, pur indignandosi per le  sofferenze che vedevano,  non avevano appoggio dalle istituzioni. L’atteggiamento profondamente meccanicistico dello sfruttamento animale è alla base dell’appellativo con cui vengono identificati i veterinari ovvero  le “belle addormentate del benessere animale” . Attualmente  in veterinaria sono  alquanto lacunosi lo studio e l’applicazione  del comportamento degli animali, sia per quanto riguarda i piccoli animali sia per  quelli da reddito poiché considerati argomenti marginali, futili, di scarsa utilità pratica rispetto all’applicazione di terapie farmacologiche che soddisfano richieste utilitaristiche ed economiche. Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, e dunque il caso vuole che per curare le patologie comportamentali del cavallo i farmaci a disposizione hanno durata breve e molti effetti collaterali, paradosso o giustizia divina proprio nella specie più medicalizzata, dove l’uso dei farmaci raggiunge livelli sconcertanti. Se questa condizione da un lato permette all’omeopatia di misurarsi con questo tipo di  realtà perché in qualche modo la integra, incontra anche molte pregiudiziali e resistenze. Fa riflettere quanto tra le patologie degli animali, procurate dall’uomo, siano privilegiate nella cura quelle  affrontabili con terapie farmacologiche e chirurgiche secondo il protocollo accademico universitario, mentre lo stato di sofferenza, come le patologie comportamentali acquistano valore nel concetto di benessere animale esclusivamente per ripercussioni di tipo economico. Esempio pratico di ciò è il cannibalismo all’interno di allevamenti intensivi di suini,di polli, di galline ovaiole.

Aspetto etologico e comportamentale – Un breve cenno di etologia equina,lasciando gli approfondimenti nelle opportune sedi ci permette di iniziare a comprendere in  che modo è strutturato un branco di cavalli , e da  dove nascono i disagi degli animali domestici, allevati in modo innaturale. I cavalli in natura sono animali sociali e  vivono in  gruppo.  Non troviamo cavalli soli ad eccezione che siano malati, traumatizzati o vicini alla morte.  Il branco comprende due tipi di gruppi sociali: il gruppo dell’Harem in cui lo stallone dominante è accompagnato da diverse fattrici e la loro progenie fino a tre anni di età, e il gruppo degli scapoli che consiste in maschi giovani e stalloni dai tre anni in su. Come un vero gruppo che funziona tutti lavorano per esso secondo uno schema in cui ognuno ha un suo ruolo e un suo rango sociale. Questo schema permette l’armonia sociale, sessuale, parentale, l’exogamia e strategie difensive all’interno del gruppo . La fattrice capo ha il suo posto  al centro del gruppo, ed è protetta da un cerchio di fattrici di rango inferiore, è il membro più importante , ed è colei che prende le decisioni, eletta alla sua posizione dal gruppo con consenso generale. La posizione non è tenuta con l’aggressività né mantenuta con la tirannia.  Lo stallone ha un ruolo difensivo e riproduttivo: non usa la forza per mantenere la disciplina all’interno del branco, ma solo l’autorità, e trascorre parte del suo tempo all’interno del branco per relazionarsi con gli altri membri del gruppo. Solo in un caso usa la forza, quando giovani femmine e giovani stalloni devono lasciare il gruppo natale e vengono espulsi o per ristabilire la gerarchia dello stallone capo branco. Chi pensa che lo stallone agisca esclusivamente  per competizione ha una visione molto riduttiva, lo scopo è l’outbreeding o exogamia, evitare cioè che si instaurino gruppi in consanguineità . Quando i giovani sono costretti a lasciare il gruppo natale formano il  gruppo degli scapoli e cercheranno un altro branco in cui inserirsi.  I nuovi arrivi sono oggetto di grande interesse e eccitazione  da parte del nuovo gruppo, e due individui dei ranghi più alti affiancheranno essi per la maggior parte del primo giorno, come delle guide, annunciando l’ingresso dei membri al resto del gruppo.  Il branco di cavalli selvatici occupa circa il 75% del suo tempo a mangiare e a ricercare pascoli di buona qualità, mantenendo uno stato di allerta continua e la preparazione a una fuga precipitosa. Ogni individuo  può condurre il gruppo verso un nuovo pascolo, al di là del suo stato sociale e età, costituendo un inconscio esempio di democrazia e individualità.  Quando un branco pascola,  tutti gli elementi sono dislocati strategicamente in base al loro stato sociale, in cui i due elementi più importanti lo stallone e la fattrice capo sono nel centro, difesi dagli altri, e gli elementi con un basso stato sociale alla periferia. Nel caso di allerta le sentinelle che stanno alla periferia avvertono il gruppo, e la fattrice capo deciderà se scappare e in quale direzione, mentre lo stallone si allontanerà dal gruppo fronteggiando il nemico e dando il tempo anche ai più deboli di  scappare. È praticamente impossibile avvicinare il branco senza essere notati, perfino sottovento.  Un altro fattore, oltre l’organizzazione sociale ,influenza il comportamento dei cavalli selvatici ed è il home range, cioè il raggio d’azione nella zona di appartenenza o pascolo familiare. Il raggio di azione è l’area che il cavallo copre alla ricerca di cibo , comprende anche le pozze di acqua, l’ombra, i frangivento (zone riparate dal vento) e i rifugi contro gli insetti e può  variare da 0,9 a 48 km², impiegando  circa  16 ore per  pascolo, ingerendo anche 60 kg di erba  e percorrendo  fino ad 80 km in un giorno.  Da questo breve cenno, è possibile mettere in relazione condizioni relative alla vita selvatica rispetto alla realtà dell’addomesticamento

STATO SELVATICO                                                            ADDOMESTICAMENTO

Struttura sociale gerarchica di  gruppo                          Carceramento Confinamento Scuderizzazione

Un gran camminatore                                                        Uso lavoro e sportivo in momenti determinati

Un gran mangiatore                                                           Dieta  antifisiologica

Forte interazione con l’ambiente                      vs           Interazione di scuderia ,antifisiologica, lavoro stressante

Istinto di fuga animale preda                            vs           Istinto strumentalizzato  dall’uomo per l’apprendimento

LE BASI DI UNA STEREOTIPIA

 

 

Il cavallo di plastica – Ogni situazione che si allontana dal sistema di home range e di concetto di gruppo, può avere ripercussioni sul comportamento e pone le basi per l’instaurarsi di una stereotipia. Nel processo di addomesticamento il cavallo ha dovuto apprendere degli atteggiamenti e l’esperienza che esso ne fa, sia in positivo che in negativo, condizionerà per sempre il suo comportamento.  Per esempio se il cavallo fa un’esperienza di dolore associata a coercizione fisica per un intervento sanitario o di mascalcia con uso del torcinaso,  quando si  ripresenterà una condizione analoga , reagirà  con la paura e con la fuga, e se questa non gli è consentita , con l’aggressione.  La spiegazione sta nel processo di condizionamento classico di Pavlov, in cui uno stimolo che inizialmente non dava luogo a nessuna reazione, la ferratura,  associato ad una situazione di dolore o di paura che il cavallo fronteggia con la contrarietà e con l’aggressività, perché è stato immobilizzato, esita in un processo di condizionamento tale per cui al ripetersi di quella situazione la reazione che ne seguirà sarà coerente con l’esperienza e con  lo stimolo dato.  Stati emozionali riconducibili all’impotenza  e alla  paura possono ingenerarsi assai precocemente nel cavallo e due sono i momenti critici che potranno segnare l’atteggiamento psico- somatico  e mettere le basi per una stereotipia: lo svezzamento e la doma.  Separare precocemente un puledro dalla madre e metterlo in totale isolamento per giorni a piangere cercando un solido riferimento del branco, è purtroppo una cosa assai diffusa. Come una doma violenta a base di maltrattamenti e punizioni, incomprensibili per il cavallo, generano stati di frustrazione e di “distress”  cui spesso il cavallo non sa fronteggiare con un adattamento. Nel cavallo allevato e scuderizzato  l’acqua è a disposizione e il cibo non deve essere cercato. Una razione concentrata e fieno può essere consumata in 2 o 3 ore . I nostri cavalli spendono solo il 15% del tempo nel mangiare e vivono anche isolati dai propri simili. L’isolamento è uno dei motivi di frustrazione più frequente , toglie al cavallo per es. l’atteggiamento all’allogrooming cioè il pulirsi l’uno con l’altro , che è dimostrato ridurre la frequenza cardiaca e conseguente riduzione dello stress, o camminare in libertà e mangiare in continuazione. E’ stato studiato che maggiore è la distanza che in natura gli animali percorrono a piedi, maggiore è la possibilità che insorgano stereotipie in quella specie. Esempio classico è il camminare avanti e indietro dei leoni e delle tigri dentro una gabbia di uno zoo. I cavalli scuderizzati molto spesso vivono in box con grate di ferro che impediscono qualsiasi tipo di socializzazione e spesso vengono tirati fuori solo per essere lavorati. Ma anche mettendo il cavallo da solo al paddock durante la giornata, ha lo stesso effetto, se non può relazionarsi con i suoi simili. Siamo sicuri che tenendo un animale confinato dentro a un box, noi soddisfiamo il concetto di welfare cioè di benessere?. Il prof. Roger Brambell definì welfare: “ un termine generale che comprende il benessere sia fisico che mentale dell’animale. Ogni tentativo di valutarlo, quindi, deve considerare l’evidenza scientifica disponibile relativa alle sensazioni degli animali, derivabile dalla loro struttura, dalle loro funzioni e dal loro comportamento.” Elencò anche le 5 libertà :

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Libertà dalla sete, fame e malnutrizione  – Disponibilità di un riparo appropriato e confortevole – Prevenzione, diagnosi e rapido trattamento delle lesioni e delle patologie – Libertà di attuare modelli comportamentali normali – Libertà dalla paura e dal distress

 COMMENTO – Libertà dalla sete, fame e malnutrizione L’uso di complessi vitaminici e integratori cercano di supplire a una malnutrizione di tipo qualitativo . Disponibilità di un riparo appropriato e confortevole Il riparo confortevole è finalizzato al management e dunque  un box che per quanto confortevo, crea isolamento . Prevenzione, diagnosi e rapido trattamento delle lesioni e delle patologie Vengono curate le patologie al fine di rendere abile l’animale per l’uso stabilito. Se non è economicamente vantaggioso si ricorre all’eutanasia o mattatoio . Libertà di attuare modelli comportamentali normali Per attuare questa libertà tutti i cavalli dovrebbero essere lasciati liberi in paddock a socializzare con i propri simili con un pascolo a disposizione . Libertà dalla paura e dal distress Dipende dalla relazione uomo-animale, quali  modelli l’uomo mette in atto per lo svezzamento, doma e allenamento . Esistono diversi livelli di adattamento allo stress che possono essere più o meno rapidi e/o reversibili tenendo in considerazione gli aspetti genetici, fisiologici e comportamentali. Se lo stressore per l’organismo impatta in modo eccessivo i suoi sistemi di controllo, riduce le capacità di adattamento dell’animale provocando modificazioni a livello fisico e comportamentale.

 STIMOLO —-STRESS  —— ADATTAMENTO

 STIMOLO  —STRESS ——-NON ADATTAMENTO   —— DISTRESS

 I cavalli possono diventare anche molto fobici,  aggressivi e pericolosi, perdendo di valore economico fino a  contemplare  eliminazione del soggetto con l’eutanasia o il mattatoio.    Da ciò si ricava che l’equilibrio bioetico del benessere animale è fortemente condizionato dal criterio economico. I comportamenti abnormi nei cavalli stabulati vengono chiamati vizi come se il cavallo fosse colpevole di questo, scaricando sul cavallo inoltre la responsabilità del suo comportamento. L’approccio omeopatico è multifattoriale perché prende in considerazione tutti gli aspetti della vita del cavallo storia remota, stato emozionale,ambiente in cui vive, alimentazione concentrata e fieno, patologie in atto, dolori sub clinici, tempo trascorso all’aria aperta, interazioni sociali .    L’approccio omeopatico in ippiatria  ha dunque gli strumenti per affrontare un caso complesso in quanto possiede nei suoi fondamenti una visione psico -emozionale e somatica integrata . Possiamo ipotizzare una piramide di comportamenti e di mal adattamento che portano fino alle stereotipie.  

 

 

BREVE DESCRIZIONE DI ALCUNE STEREOTIPIE E COMPORTAMENTI ANOMALI NEL CAVALLO

 

 

 

TICCHIO D’APPOGGIO

 

 

 

 

Crib biting

 

 

 

 

 

 

 

 
Il cavallo afferra con  gli incisivi superiori  un supporto solido e fisso, flette il collo ed emette un rumore caratteristico con la glottide.

 

 

 

 

AEROFAGIA

 

 

 

 

Wind sucking

 

 

 

 
Può essere un atteggiamento in sequenza al ticchio di appoggio o si può manifestare isolatamente emettendo il caratteristico rumore senza afferrare nessuna superficie

 

 

 

 

BALLO DELL’ORSO

 

 

 

 

weaving

 

 

 

 
Azione motoria coordinata e volontaria di tutto il corpo in cui il cavallo sposta il peso prima su un arto poi sull’altro facendo dondolare la testa e il collo

 

 

 

 

CAMMINARE NEL BOX

 

 

 

 

Stall-circling  fence-pacing

 

 

 

 
Il cavallo gira senza sosta nel box formando un cerchio e nel paddock in andata e ritorno sempre sulla solita traiettoria

 

 

 

 

LIGNOFAGIA  mangiare la lettiera

 

 

 

 

 

 

 

 
Rosicchiare il legno porte staccionate

 

 

 

 

LINGUA SERPENTINA varianti:sbattimento delle labbra, movimenti protusioni della lingua,digrignamento dei denti, masticamento nel vuoto, masticamento delle redini e delle coperte

 

 

 

 
Comportamento motorio ripetitivo della lingua prodotto durante il lavoro, ma sotto questo tic sono compresi tutti i movimenti ripetitivi prodotti dalla cavità  orale

 

 

 

 

INCENSAMENTO

 

 

 

 

Head-shaking

 

 

 

 
Movimenti imprevedibili della testa che rendono difficile montare il cavallo

 

 

 

 

MORDERSI I FIANCHI

 

 

 

 
Il cavallo si morde i fianchi fino a procurarsi lesioni gravi

 

 

 

 

CARATTERI REPERTORIALI

Concetto di cura – E’ evidente che quando un veterinario  viene chiamato per una visita, non può prescindere dal considerare se il modo in cui è tenuto il cavallo soddisfa i criteri di welfare. In riferimento alle 5 libertà di R.  Brambel, documento British Farm Animal Welfare Council, 1979 , spesso tali parametri non sono perfettamente coincidenti con uno stato di realtà, talvolta anche inconsapevolmente da parte dei proprietari, che non sempre sono recettivi o adeguatamente info rmati su tali problematiche. L’equilibrio tra i sintomi mentali rilevati e una patologia fisica apparentemente non in relazione con essi, es. una zoppia, ci  pongono di fronte una implicazione morale, etica e deontologica: qual’è la priorità : soddisfare i presupposti  contrattuali tra veterinario e cliente eventualmente con tutte le implicazioni di ordine medico legali vedi doping, o rispettare le esigenze animali secondo il criterio di equilibrio psico fisico? Lasciamo aperta questa domanda che cosi’ formulata appare retorica,ma che nella pratica ippiatrica costringe al funambolismo, come detto sopra di tipo morale, etico e deontologico . Quando ci troviamo di fronte a un paziente equino che presenta anche un grado basso di problema comportamentale dobbiamo chiederci cosa è degno di essere curato. Il nostro approccio sara’ organicista, teso a risolvere il problema del momento e soddisfare le esigenze del cliente, o la valutazione si concentrera’ sullo stato di salute mentale e sui disagi che il cavallo vive, che a cascata comprometteranno la sua salute? Dice il dott.  T.P. Paschero nelle “Lezioni alla Luimo : “una meditata esperienza clinica conduce a formulare la conclusione in base alla quale si riconosce che ciò che deve essere curato nel malato è l’ansia mentale e la sua componente somatica, ossia l’angoscia come ricerca del senso della vita” ( o come ricerca del proprio stato archetipico ndr) Alla luce delle considerazioni fatte sopra per repertorizzare un cavallo e per scegliere il rimedio che più si avvicina alla sue condizioni cliniche, mentali e fisiche, è necessario conoscere molto bene le caratteristiche di specie, il suo comportamento e le patologie a cui va incontro. Ovviamente con le dovute traslazioni e interpretazioni e comparazioni con lo status animale, ci appare indicato citare ancora il dott.  T.P. Paschero nelle “Lezioni alla Luimo”  ipotizzando una storia “biopatografica” dell’animale: “ La biopatografia non è altro che la  trascrizione storica delle vicissitudini emotive attraverso le quali il malato ha vissuto il proprio processo di maturazione o di adattamento alla vita, sempre sotto la tensione del conflitto fra lo stimolo erotico-aggressivo che appaga la sua volontà  incosciente di affermazione e di potere(legge del branco, gerarchie,riproduzione), e la interdizione ambientale familiare e culturale del mondo in cui vive,( scuderizzato e isolato),la cui immedesimazione della personalità lo seguirà come una permanente  coscienza punitrice(instaurarsi della stereotipia).”

“Ciò che ha valore primordiale per l’omeopatia è tutto quanto si riferisce al gioco degli istinti come volontà primaria di vita,(archetipo di riferimento) tanto nel volere quanto nel respingere, nell’amare o nell’odiare , nell’ordine fisico o morale. La volontà di vita (vita di gruppo) è sinonimo di  volontà di alimentazione ed assimilazione( pascolo assimilazione di vita) Gli appetiti e i desideri di dolce, di sale, di acidi, di grassi o di diversi alimenti, così come i sintomi del sistema digestivo e metabolico, costituiscono espressioni simboliche della volontà di vivere ovvero della volontà di crescere e di potere a livello biologico? (togliere alimentazione continua e movimento è come togliere la vita e la possibilita di evoluzione biologica secondo le leggi della natura)”

Il repertorio,  proprio perché strutturato su un modello umano, deve essere usato con giudizio e cautela, deve presupporre una conoscenza dell’etologia e del comportamento della specie presa in esame, deve essere sfrondato da tutti quei sintomi che presuppongono una oggettività incerta o non attendibile, in quanto il cavallo agisce con forte e dinamica istintiva e le sue  sono reazioni immediate e secondarie a uno stimolo e sono basate sulla memoria  delle precedenti esperienze. Il cavallo  esprime molto evidentemente le sue emozioni. Attraverso il suono della sua voce si capisce se l’atteggiamento è intimidatorio o affettuoso, ha la capacità  di dimostrare la sofferenza di un dolore acuto. Non c’è  dolore più agonizzante di quello di un cavallo in colica e chi ha fatto questa esperienza difficilmente può dimenticarla. L’occhio del cavallo è molto espressivo e rivela le emozioni che in quel momento vive. Le orecchie estremamente mobili sono anch’esse un indicatore importante dello stato emozionale, nell’ipervigilanza saranno sempre dritte e attente, in un ticchiatore cronico avulso dalla realtà in  cui vive, portate di lato. Anche l’atteggiamento degli arti e della coda ci indicano il suo stato emotivo. Il linguaggio del corpo è anch’esso fondamentale per valutare lo stato psico-fisico del cavallo; un animale che ha un’andatura sostenuta, il collo arcuato, le orecchie dritte, che guarda intorno a lui sta certamente meglio di un suo simile che cammina a testa bassa, con le orecchie portate di lato, che trascina i piedi , ha un’andatura lenta ed è indifferente all’ambiente che lo circonda . Non dobbiamo dimenticare che il cavallo possiede strutture anatomiche particolari della specie come lo zoccolo e il senso propiocettivo che ne deriva , il laringe con le tasche gutturali, per caratteristiche anatomiche e neuro fisiologiche  non gli è possibile vomitare,lo scarso volume gastrico e l’estremo volume del ceco e del colon e i processi fermentativi che ivi si svolgono, il ciclo poliestrale stagionale, e la gravidanza di quasi un anno, olfatto e vista altamente specializzati, sensazioni extrasensoriali (orientamento, homing, premonizione),  la sudorazione, la crescita continua dei denti e dell’unghia. Molto caratteristico è il processo della visione del cavallo, particolarmente emblematico le caratteristiche anatomo- funzionali  dell’apparato visivo, riconducibile a una sorta di occhiale sistemico della specie, con una visione monoculare laterale posteriore,  bioculare frontale ,due  zone cieche, con  una panoramica grandangolare comparabile a un obiettivo di 28mm . Paradossalmente la zona cieca posteriore coincide con quella in cui è seduto il cavaliere. Per un cavallo che sta per essere domato bisogna considerare la giusta diffidenza di prendere su di sé in una zona non controllabile un possibile predatore!!!! Queste strutture anatomiche così differenti rispetto all’uomo e alle altre specie sono sede di patologie oculari, dell’intestino e degli arti , patologie gravissime mortali e invalidanti, come le coliche e la laminite, nonché di parassitosi intestinali.  I cavalli sono anche soggetti a parassitosi del sangue, malattie virali e batteriche proprie della specie, non sovrapponibili a quelle umane, se non per analogia col le malattie protozoarie. Molto utile per la scelta del rimedio è anche tenere in considerazione che il cavallo affetto da stereotipie produce una grande quantità di mediatori chimici e di ormoni, tra cui le endorfine, gli oppiacei endogeni, che gli permettono di convivere con la sua frustrazione ma che lo isolano dal contesto in cui vive. Il cavallo affetto da stereotipie si comporta come un alienato , e qualsiasi occasione è buona per mettere in atto il suo comportamento e rialzare il livello endorfinico nel sangue. Per noi veterinari omeopati che dobbiamo basarci sull’uso del repertorio fondato sulla sperimentazione prevalentemente nell’uomo, a parte qualche eccezione come Hekla lava , Veratrum album e le patogenesi accidentali ricavabili dalla tossicologia veterinaria,  diviene fondamentale imparare e applicare la metodologia classica alle reali necessità della specie, perché al di là delle esperienze personali che hanno un immenso valore, ma che rimangono singoli casi clinici, questa integrazione  ci permette di ricercare coerentemente il simillimum in quel paziente di quella specie animale Quando si tratta di stereotipie, dunque patologie mentali strutturate,  identificare i sintomi con i quali lavorare per quel singolo caso, può agevolarci nell’uso del repertorio. Vengono di seguito  riportati sintomi mentali riferiti a tutto ciò che nella nostra esperienza abbia determinato l’insorgenza di un problema comportamentale e di una stereotipia, prendendo sintomi di cui si può rintracciare un’oggettività sulla base dell’ipotesi dell’esperienza e della conoscenza della clinica ippiatrica. In questa tabella vediamo disturbi da afflizione e infelicità  ci è difficile differenziare di cosa un cavallo soffra veramente tra i due  e dunque se per noi questi sintomi sono importanti da prendere, le rubriche andrebbero unificate Questo vale anche per le rubriche disturbi da mortificazione e onore ferito. La rubrica nostalgia, per i cavalli che lasciano ad esempio il loro paese o il posto in cui sono stati per tanto tempo può diventare una forzatura antropoformizzata, valutiamo se  invece la sofferenza non sia legata alla perdita dei suoi riferimenti (compagni di scuderia e proprietario) , per cui va presa con cautela. Dice il grande maestro Proceso S. Ortega: “ se teniamo conto del fatto che  ci sono molte sensazioni somiglianti, ma che non significano la stessa cosa ed anche significando qualcosa di simile non daranno lo stesso risultato se si confonde l’una con l’altra, arriveremo a capire la necessità assoluta di cercare di definire con precisione i diversi sintomi che il paziente accusa.”

 Per tutti gli altri sintomi vale la regola di una corretta repertorizzazione e interpretazione. Particolare attenzione va posta a sintomi con un unico rimedio o generiche con una grossa quantità di rimedi. In questa tabella abbiamo raggruppato le reazioni che il cavallo può avere alla visita veterinaria, alle terapie ,al dolore inferto dalle terapie. Anche qui dobbiamo essere certi del sintomo ponendo molte domande al proprietario e a chi si occupa del cavallo.  L’animale reagisce sempre male alle terapie, o se gliele fa l’artiere sta buono e quando vede il veterinario si agita, si ribella e diventa violento, si impenna, rampa, calcia ,ti sbatte contro il muro? In questa tabella le voci repertoriali  “paura della punizione e dei rimproveri “ sono difficili da distinguere e andrebbero a nostro avviso unificate. Spesso i proprietari ci occultano alcuni fatti, per cui riferiscono che il cavallo è sensibile ai rimproveri, ma poi