ETICA = dal latino èthica e dal greco ethikè ,che vale relativamente al costume ,da èthos che stà per sfèthos :abitudine ,uso,consuetudine,costume ,carattere ,indole. In sanscrito sva-dhà -consuetudine- composto da sva -se,suo ,e dhà -porre,fare. Indica la scienza della morale ( mos- costume),che insegna a governare i nostri costumi.
Morale (o etica) è la filosofia dell’azione volontaria in quanto soggetta alla legge assoluta del dovere; essa studia la moralità; il suo scopo è quello di arrivare al determinismo del bene morale quale valore supremo condiviso.
Moralità più antica della morale è l’espressione del modo di sentire individuale e postula la libertà del volere umano in modo da ubbidire o disubbidire alla legge in modo assolutamente cosciente.
Con “comportamento” si intendono le azioni del medico veterinario e del conduttore o responsabile degli animali.
Con “etica” si intende nello specifico il comportamento convenzionalmente stabilito, ovvero quello che ci si attende da un rapporto professionale. Va considerata di più rispetto al ” semplice comportamento”,ma non possiede ancora quella dignità morale propria della “cosiddetta” eticità, che è una terza dimensione.
Con “eticità” si intende il comportamento moralmente giustificato del medico veterinario e delle persone coinvolte e necessita di una fondazione in una prospettiva filosofica o teologica.
Nonostante la storia dell’etica abbia radici profonde nella filosofia e nelle tradizioni culturali di tutta l’umanità (Aristotele -Ippocrate -Paracelso…………….) il termine bioetica in uso corrente viene coniato nel 1970 dal cancerologo Van Reslaer Potter col significato originario di “approccio cibernetico alla ricerca della saggezza”.Successivamente appare nell’Enciclopedia of Bioethycs quale “studio sistematico della condotta umana nelle aree delle scienze della vita e della cura della salute alla luce di valori e principi morali. Su tali presupposti una ulteriore estensione considera la bioetica una riflessione razionale ed organica sui vari problemi morali ,giuridici,sociali relativi all’evoluzione della medicina e delle scienze della vita.
Appare dunque evidente come la bioetica affronti primariamente un problema morale inteso come filosofia che studia il valore delle azioni umane tra bene e male e che condiziona i costumi e i comportamenti sociali.
Su tali presupposti è possibile affermare che la bioetica non è solo appannaggio della scienza medica strettamente riferita all’uomo (bioetica medica) ma comprende anche altre specie viventi del mondo animale(etologia)e dell’ambiente (ecologia).
Nella storia della medicina veterinaria moderna i problemi etici nei confronti degli animali domestici iniziano ad assumere un peso determinante dalla pubblicazione nel 1964 del libro di Ruth Harrison “Animal Machine” a cui fece seguito,sull’onda dell’impatto suscitato nei confronti dell’opinione pubblica inglese,il Brambell Report nel 1965.Da questo documento prende avvio lo studio scientifico del Benessere Animale che vide pubblicare nel 1979 da parte del British Farm Animal Welfare Council le famose “Cinque Libertà”per gli animali allevati.
1)libertà da fame ,sete e malnutrizione
2)libertà di avere comfort e ripari
3)libertà dal dolore,lesioni e malattie
4)libertà di attuare modelli comportamentali normali
5)libertà dalla paura e dallo stress
La complessità dell’argomento riassume la difficoltà che l’interazione uomo- animale comporta nella gestione etica nel contesto dell’addomesticamento così come espresso dai tentativi di definire il benessere (welfare) stesso :
Hugges,1976 ; Il “welfare” è uno stato di salute completa ,sia fisica che mentale,in cui l’animale è in armonia con il suo ambiente.
Broom,1986 ; Il “welfare” di un organismo è il suo stato in relazione ai suoi tentativi di adattarsi all’ambiente.
Da questi primi tentativi di instaurare un approccio scientifico al problema si sono susseguiti studi che a tutt’oggi affollano la letteratura specialistica nel tentativo di districarsi tra le implicazioni che tutto ciò comporta da un punto di vista non solo teorico,pratico ed etico ma anche dal punto di vista filosofico e del diritto in cui far collimare lo status animale.
Nonostante il concetto di “welfare” in veterinaria trova forti analogie col concetto di salute per l’uomo ,espresso dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità (la salute è il benessere fisico,mentale , sociale e non solo l’assenza di affezioni e di malattie), e agli animali sia riconosciuta la qualità di “esseri senzienti “,il mondo scientifico è dibattuto tra l’estremo meccanicismo, nel tentativo di conservare l’imprescindibile sovranità umana nei confronti della natura, e il viscerale antropomorfismo .Quest’ultimo però, nel tentativo di affermare un diritto degli animali ,rischia di attribuire a questi un ruolo e un destino inadeguato alle loro caratteristiche etologiche.
Lo status animale comporta infatti una serie di considerazioni morali non sempre condivisibili e accettabili tra le diverse mentalità non solo scientifiche ma anche per la filosofia e il diritto.
Lo stato giuridico degli animali ,se pur supportato nella sua evoluzione legislativa da adeguamenti socio culturali, mantiene nella sua essenza la connotazione di “res”, anche se integrata dalla qualità di essere vivente e senziente. Di fatto la norma in cui si inseriscono i delitti contro il sentimento per gli animali (Titolo IX Bis legge 189/2004 art.3) concede di :
– indicare quale attore principale della tutela il sentimento umano
– escludere dalle finalità della norma i contesti tra cui : l’allevamento,il trasporto, la macellazione , la sperimentazione animale, non che per le manifestazioni storico culturali (quali ad esempio il palio e la giostra).
Nel diritto civile e amministrativo si continua a trattare la materia con piena considerazioni degli animali quali “res” con una oggettiva destinazione produttiva-funzionale e relative implicazioni economiche quali ad esempio:la vendita di animali,la garanzia per vizi, la responsabilità civile per danni a terzi e cose ed il regime fiscale su prestazioni veterinarie.
Su un piano più strettamente scientifico il terreno su cui si devono valutare l’emozionalità ,la sofferenza e la coscienza delle varie specie domestiche è condizionato dal livello a cui avvengono realmente questi processi . Se la neurofisiologia e l’anatomia comparata possono assisterci in questa ricerca di livello ,così come le conoscenze darwiniste nel trovare una continuità tra gli animali e l’uomo circa la capacità di provare emozioni,il mondo accademico etologico è tuttora dibattuto in che modo sia possibile ,per un animale, soffrire o di spiacersi per la morte di un proprio simile. Possono gli animali provare tristezza e felicità? Il linguaggio animale se pur da alcuni considerato come strettamente dipendente e vincolato a determinati stimoli ,viene evidentemente riconosciuto come il risultato di una preventiva analisi della situazione ; le diverse e articolate risposte a segnali di minaccia ,negli animali di una stessa specie, lo dimostrano. Così come in relazione all’esperienza.
Il problema sembra dunque arginarsi sul- quanto – l’animale si renda conto di avere coscienza della condizione di sofferenza o di paura e – quanto – un animale eserciti la propria consapevolezza di ciò che prova o vuole fare in base al linguaggio comportamentale, coerentemente con gli istinti e il grado di apprendimento senza incorrere nel rischio dell’antropomorfizzazione.
L’uomo si trova ad affrontare così tematiche che riguardano i sistemi di allevamento,le produzioni animali e le pratiche ad esse correlate come la macellazione ,il trasporto ma che si spingono fino alla cura ,alla relazione uomo-animale in contesti importanti come TAA e AAA,all’eutanasia.
In questo contesto si inserisce il ruolo del veterinario e della cura degli animali con particolare riferimento alla medicina omeopatica applicata in medicina veterinaria,avendo questa un presupposto olistico di mantenere lo stato di salute in base ad una corretta interazione tra individuo e l’ambiente (prevenzione) e il mantenimento dell’equilibrio psico-fisico.
Ma a prescindere da considerazioni di ordine filosofico sullo status animale, sulla legittimazione di diritti animali e quindi dei protocolli di cura ,la medicina veterinaria ,nei suoi compiti istituzionali più alti e fondamentali ,prevede la tutela della salute umana per ciò che riguarda sia le zoonosi che l’igiene degli alimenti .A questo proposito può essere utile sottolineare come la tutela della salute umana non preveda solo l’aspetto microbiologico dell’igiene ma anche fenomeni correlati ai residui di farmaci e l’antibiotico resistenza. Su questi abiti fondamentali della salute umana relativi all’addomesticamento degli animali e alla loro cura si inserisce le MNC nella pratica clinica veterinaria.
INTEGRAZIONE -LEGITTIMAZIONE DELL’OMEOPATIA VETERINARIA
la F.N.O.V.I. ha redatto un documento riguardante le Medicine Non Convenzionali: “Linee Guida in Medicina Veterinaria Non Convenzionale” (protocollo N. 909/2003/F/Iaa), pubblicato sul numero 12 – Dicembre 2004 – de “Il Progresso Veterinario”.
La stessa F.N.O.V.I. ha inviato tale documento alla Commissione Affari Sociali della Camera nel Marzo 2003, dando un notevole contributo alla redazione del testo di legge in materia che si discuteva in quel periodo. Il documento in origine elaborato dalle Società Scientifiche facenti parte della U.M.N.C.V. (Unione Medicina Non Convenzionale Veterinaria), e reso noto come “Documento di Bologna” (28 Settembre 2002), si propone come base per una normativa da realizzare all’interno della categoria medico – veterinaria. Lo stesso Comitato Centrale della F.N.O.V.I. ha stabilito, nella sua riunione del 24 Settembre 2005, che le MNC in Veterinaria vanno considerate a tutti gli effetti ‘atto medico veterinario’ e pertanto di sola pertinenza del medico veterinario. Il ricorso alle MNC risulta essere elettivo per gli animali adibiti all’allevamento biologico in quanto i trattamenti con queste discipline permettono di effettuare interventi terapeutici e profilattici senza essere dannosi per gli stessi ed evitano la presenza di residui nei prodotti alimentari di origine animale salvaguardando la salute e le scelte di qualità del consumatore.
A tal proposito molto chiare sono le Direttive Comunitarie relative alla zootecnia biologica:
– Documento 391R2092
– Documento 399R1804
– Regolamento CE 2092/91
– Regolamento CE 1804/99 (che integra e completa le precedenti direttive)
DECRETO LEGISLATIVO 6 aprile 2006, n.193
Attuazione della direttiva 2004/28/CE recante codice comunitario deimedicinali veterinari.
ART.1 f) Medicinale veterinario omeopatico: ogni medicinale veterinario
ottenuto da sostanze denominate materiali di partenza omeopaticisecondo un processo di fabbricazione omeopatico descritto dallaFarmacopea europea o, in assenza di tale descrizione, dallefarmacopee attualmente utilizzate ufficialmente dagli Stati membri.Un medicinale veterinario omeopatico può contenere più materiali dipartenza;Codice deontologico FNOVI 17\12\06 art. 30- Medicine non convenzionali- La pratica delle medicine non convenzionali in ambito veterinario è di esclusiva pertinenza del medico veterinario. Questa deve essere svolta nel rispetto dei doveri e della dignità professionale nell’esclusivo ambito e della non delegabile responsabilità professionale acquisito il consenso del cliente debitamente informato.Art.29 .Obbligo di informazione e consenso informato nella pratica veterinaria-omissis
Definizione :La Medicina Omeopatica è un metodo diagnostico, clinico e terapeutico codificato da Samuel Hahnemann all’inizio del XIX° secolo e basato sulla Legge dei Simili e sull’uso di Rimedi Omeopatici Unitari. La Legge dei Simili afferma che è possibile curare e guarire un malato somministrandogli una sostanza che, in un uomo sano, riprodurrebbe i sintomi rilevanti e caratteristici del suo stato patologico. La Farmacologia Omeopatica classica (Materia Medica) è costituita da una serie di “rimedi” tratti dal mondo minerale, vegetale e animale. Ogni rimedio è stato singolarmente testato a dosi sub-tossiche sull’uomo sano (Sperimentazione Patogenetica Pura), per evidenziarne i sintomi provocati. Il rimedio viene somministrato al malato in dosi più o meno attenuate, preparato attraverso un ben codificato procedimento di fabbricazione: progressive diluizioni e succussioni. Nella pratica clinica omeopatica classica il medico, dopo aver formulato la diagnosi clinica, somministra il rimedio più “simile“ ai modi peculiari con i quali il malato esprime la “sua” malattia: la terapia è pertanto strettamente personalizzata
Da un punto di vista etico e per una opportuna integrazione bisognerebbe puntualizzare che la Medicina Omeopatica è una metodologia clinica che dopo aver formulato una diagnosi e una prognosi secondo i parametri tradizionali della biomedicina fa una diagnosi propria omeopatica su cui strutturare la prognosi omeopatica e la prescrizione terapeutica.
Omeoterapia : prescrizione di medicinale omeopatico
SPERIMENTAZIONE E OMEOPATIA VETERINARIA
La rivoluzione scientifico-tecnologica ,che ha investito tutti i settori della biologia e della medicina spingendosi oltre i confini dell’inizio e della fine della vita ,coinvolge l’etica non solo come astrazione filosofica ma soprattutto come disciplina dei comportamenti relativamente ai problemi quotidiani e ai numerosi interrogativi che la ricerca scientifica impone.
L’etica diventa bioetica con il compito di analizzare e decidere i limiti entro cui sia lecito intervenire ed operare tra il dogmatismo religioso e il relativismo morale laico per esempio.
L’idea di un pluralismo di valori o di un pluralismo scientifico considera la libertà del ricercatore quale presupposto fondante il progresso della conoscenza del regno animale , vegetale e dell’ambiente. Ciò pone il rischio che una supposta verità scientifica prevalga su ogni altra considerazione ,giustificando una attività ,così che il tecnicamente possibile coincida incondizionatamente con l’eticamente lecito. In tal senso la clonazione animale,gli OGM,la sperimentazione animale ,il doping ,sono tra gli esempi più significativi ma in questo contesto è opportuno inserire anche l’applicazione dell’omeopatia per la cura degli animali.
Per quanto l’omeopatia sia supportata da duecento anni di applicazione clinica nell’uomo e negli animali, mancano ancora tutta una serie di conoscenze necessarie non solo ad una adeguata integrazione scientifica ma anche ad una comprensione approfondita degli intimi meccanismi biologici. Ciò pone la sua applicazione pratica su un piano assai prossimo a quello della sperimentazione.
La medicina veterinaria dovrebbe perseguire l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dell’uomo e quella degli animali ma il rischio bioetico della sperimentazione è ,come in altri settori ,quello di ricercare il successo personale,i profitti individuali se non quelli della grande industria .Anche se in modo assai contenuto e marginale, per ovvi motivi economici, l’omeopatia veterinaria in quanto disciplina sperimentale ed in un certo modo emergente pone un margine di rischio in tal senso.
“Si ha conflitto di interessi quando il giudizio professionale riguardante un interesse primario(la salute del paziente-la veridicità dei risultati della ricerca -oggettività della prestazione e informazione) tende ad essere indebitamente influenzato da un interesse secondario (guadagno economico-vantaggio personale)” (Bobbio 2001).
Il limite tra sperimentazione e ricerca clinica viene a sfumare nella pratica clinica veterinaria che interviene e opera sugli animali potendo modificare facilmente funzioni biologiche ,stili di vita e il loro destino.
Più che un problema di principi etici sembra essere piuttosto una questione di limiti etici (limiti soglia farmacologici del doping-accanimento terapeutico ecc).
I conflitti di interesse, in quanto fenomeni della società, sembrano essere più che altro una “condizione “ rappresentata da interazioni sociali con forte carattere speculativo in cui i comportamenti dei singoli acquistano un carattere disonesto. Questo comportamento potrebbe rappresentare una forma di aggiotaggio con conseguenze penali (art.501 C.P.) e civili (art.2628) ipotizzando il reato di una informazione disonesta.
Il conflitto di interessi in quanto “condizione” e non comportamento ,diviene moralmente riprovevole solo quando provoca comportamenti riprovevoli ,così come espresso dal Comitato Nazionale per la Bioetica nella Seduta Plenaria del 8 Giugno 2006 e inserito nel Codice Deontologico approvato da FNOVI il 17 Dicembre 2006 per quanto riguarda i rapporti con la clientela.
Un’ulteriore rischio è quello di incorrere in inutili sofferenze per gli animali sottoposti a cure omeopatiche nel tentativo di sperimentare e/o di applicare arbitrariamente supposte verità scientifiche più o meno supportate da una adeguata conoscenza in materia.
Senza addentrarsi nel merito specifico delle problematiche inerenti e indipendentemente dalla specifica disciplina ,una valutazione preliminare in merito all’etica di una sperimentazione dovrebbe considerare e soddisfare requisiti di carattere generale che sono riconducibili all’autonomia ,al beneficio e alla giustizia.
In veterinaria l’autonomia del paziente è un criterio inesistente non potendo l’animale di per sé scegliere se e come essere curato ne se sottoporsi a un protocollo sperimentale .Si ripresenta dunque il problema della responsabilità non solo civile ma anche morale da parte di tutte le figure coinvolte ,dallo sperimentatore,al detentore ,all’istituzione sanitaria.
Per ciò che riguarda il beneficio ,ovvero alla probabilità ragionevole che l’animale riceva più benefici che danni ,si può affermare con ammissibile approssimazione che ciò sia soddisfatto se non per il fatto che il supposto nulla terapeutico omeopatico sia sovrapponibile al danno di un normalissimo gruppo di controllo eticamente ammesso come lecito.
La giustizia intesa quale elemento di discriminazione in base all’appartenenza di gruppi ,razze, sesso ,produzioni non appare significativo in veterinaria.
Il problema più rilevante sembra piuttosto essere quello relativo a :
A)questione metodologica della ricerca e sperimentazione : applicabilità dei metodi di ricerca “ufficiali standard” in medicina non convenzionale.
B)istituzione di strutture ed enti preposti alla ricerca ed espressamente dedicati ad essa con la conseguente crescita di professionalità in questo settore.
Il dibattito scientifico conduce a interrogarsi su come una strategia di ricerca ,sviluppata nel contesto biomedico ,possa essere usata per investigare un sistema basato su una diversa concezione del mondo.
Vickers(1996), il quale non sostiene le mnc, afferma che una ricerca attendibile debba essere adeguata a ciò che si analizza.
Il gold standard della ricerca biomedica è rappresentato dagli RCT ; ma può questo essere considerato l’unico mezzo possibile? Se la risposta fosse affermativa non dovrebbe essere neppure preso in considerazione che le cure in medicina prevedano atti medici di mnc. In caso di risposta negativa bisogna considerare che gli RCT rappresentano un problema di metodo.
Come deve essere applicato il metodo per mettere in doppio cieco la chiropratica ad esempio? O un approccio medico basato sull’individuo?
Quesiti :
– randomizzazione : è applicabile e attendibile sapendo che l’effetto placebo esiste ?
– gruppi di controllo: come riuscire ad assimilare gruppi in cui le variabili sono in realtà molteplici ?
– doppio cieco: chi è veramente cieco tra le parti ?(clinico-paziente-ricercatore) . Come valutare gli effetti non specifici del farmaco ma quelli derivati ad es. dall’aspettativa e dal contesto? -dal tipo di patologia subita o analizzata?
– standardizzazione del trattamento : come possibile in mnc?
– outcome (misure di esito): solo misurate sul piano biologico escludendo il benessere in senso
generale?
– Disegno di ricerca : modello di casualità (farmaco-soggetto-effetto) questo modello è ottimale per studi di microbiologia ma non altrettanto per patologie multi fattoriali e degenerative dove le interazioni tra cause ed effetti sono molteplici e si snodano sul punto intermedio che è il soggetto.
Vickers 1997 : quali modelli sono adatti per investigare mnc ? identificare la specifica domanda che viene posta e adeguare il disegno di ricerca alla domanda.
Ma anche questo può essere ancora troppo generalizzante e allora le diverse domande di ricerca richiedono diversi ed adeguati approcci analitici.
La ricerca deve essere posta in modo da adattare il disegno più appropriato per una data ipotesi di ricerca non potendo essere gli RCT rappresentativi in modo esaustivo.
Infatti i risultati di efficacia in laboratorio non sempre corrispondono ai dati di effettività degli studi osservazionali clinici.
La medicina non è una disciplina standardizzabile ma da considerarsi nella sua complessità.
Gli stessi RCT sono stati ideati per identificare dati attendibili così da ridurre i margini di errore. Questi dati inseriti nella complessità della relazione medico- paziente -ambiente non dovrebbero essere però strumentalmente applicati e assimilati a ciò che è rappresentato dal protocollo , che appare via più a garanzia della tutela del metodo stesso che non per i suoi scopi.
ES. se la domanda è :
- X-mncv è efficace ? adattare un sistema che identifichi risultati e follow up
- X-mncv è un placebo?
- quali sono gli effetti biologici o fisiologici di X-mncv ? animali da laboratorio-piante
- esperienze soggettive del paziente? modelli etologici e comportamentali
- cosa tratta?
- quali tipologie di soggetti è applicabile ?
- ostacoli alla integrazione?
Gli RCT non sembrano essere esaustivi per rispondere a tutte queste domande.
E evidente dunque come la problematica della scientificità in omeopatia veterinaria richieda sforzi congiunti non solo per realizzare progetti di ricerca finalizzati alle prove di efficacia del rimedio omeopatico, ma per soddisfare tutte quelle conoscenze necessarie alla esaustiva comprensione dei meccanismi fisici e biologici tali da garantire la maggior sicurezza e giustificare una ampia e produttiva integrazione.
EUGENETICA ED EUTANASIA in omeopatia veterinaria
Questi due aspetti dell’inizio e della fine della vita vengono qui trattati contestualmente sia per il significato di continuità tra le fasi dell’esistenza ma anche per le analogie e le dirette implicazioni che queste hanno nei confronti delle stesse pratiche nell’uomo e con la medicina omeopatica.
Entrambe entrano a far parte delle attività veterinarie fin dalla più antica storia dell’addomesticamento.
La selezione genetica in veterinaria, così come in agronomia, ha radici antiche a partire dall’incrocio di piante e animali per produrre prodotti sempre più adatti e confacenti alle esigenze umane attraverso la selezione genetica del ceppo. Tale attività si è spinta ad esasperare le produzioni animali fino all’animale tecnologico .Se da un lato la super produzione ha portato ad un incremento del sistema economico- industriale e post tecnologico, non si sono parimenti manifestati i risultati sperati in termini di qualità di vita o problemi quali la fame nel mondo e la povertà,il tutto a scapito del benessere e salute degli animali e l’evoluzione di nuove patologie.
Oggi gli animali da allevamento e così i cavalli sportivi e i cani selezionati soffrono di malattie genetiche fortemente condizionanti ,di debolezza genetica ,malattie come la BSE,la SARS ,l’influenza aviaria ,sono condizionate dai sistemi di allevamento e da una selezione genetica indiscriminata.
Tutto ciò pone difronte al problema etico che vede a confronto l’interesse economico e le reali esigenze della materia vivente con il rischio di incrementare l’abuso di uno strumento pericoloso e potente quale è la selezione genetica e la sua manipolazione tecnologica. Strumentalizzato in modo inconsapevole o arbitrario secondo una morale esclusivamente consumistica e meccanicistica in nome di una libertà di scienza a qualunque costo, si assiste ad un incremento produttivo e delle performances a scapito della salute e benessere degli animali.
Analogamente nell’uomo si assiste a una applicazione della selezione genetica anche se diversamente finalizzato. L’eugenetica quale disciplina del miglioramento genetico della specie umana prende origine dalle teorie dello statista inglese Francis Galton a partire dal 1859 a seguito della pubblicazione del cugino Charles Darwin sull’origine della specie.
Il problema si pone da quando il processo di civilizzazione ha condizionato ciò che la selezione naturale impone in termini evolutivi con il rischio di degenerazione imponendo quindi un’azione di selezione artificiale istituzionalizzata tesa a compensare tale deficit.
Si sviluppa così l’ingegneria genetica tesa a migliorare la qualità della vita e l’allungamento della stessa ,l’eliminazione di geni difettosi ,l’uso terapeutico atti a riparare funzioni biologiche alterate. Nonostante le prospettive affascinanti i problemi etici ripercorrono in gran parte ciò che si è già sperimentato negli animali in secoli di selezione genetica ,e decenni di pratiche, dalla fecondazione artificiale alla clonazione, e finalizzate a procedure arbitrarie con possibili deviazioni aberranti.
Così come l’animale tecnologico descritto da Ruth Harrison e dal Prof. Ballarini lo scrittore e filosofo Nicola Matteucci evoca l’uomo macchina inteso non più come persona finita ed esistente con la sua particolare individualità ma come un essere astratto frutto dell’utopia tecnologica giustificata da una libertà di scienza incondizionata a scapito del diritto dell’uomo a esprimere la propria individualità.
Dal punto di vista dell’omeopatia si ipotizza la possibilità di contrastare ciò che si intende con il termine di miasmi , trattando opportunamente la predisposizione alla malattia cronica sottostante le manifestazioni acute della malattia stessa.
I paragrafi §-270-284 dell’ Organon e il § 9 del testo “Le Malattie Croniche”di Hahnemann, così come le “Letture di Materia Medica” del Kent, fanno riferimento a come le malattie o la cura di queste nei genitori possa influire nei figli.
L’omeopatia moderna si è dedicata a tale argomento come riportato dai lavori di Lèon Vanier,Alain Horvilleure Ronald Boyer ,nell’uomo,così come non mancano riferimenti in tal senso in medicina veterinaria da Franco Del Francia, Sergio Cannello e Massimo Bertani.
Senza entrare in merito agli schemi o alle indicazioni del caso è qui necessario evidenziare come l’omeopatia si ponga tra la necessità di operare un miglioramento della specie e delle generazioni future privilegiando una soluzione più naturale agendo sulla predisposizione miasmatica senza necessariamente incorrere nel rischio di operare alterazioni arbitrarie e pericolose come spesso si è potuto constatare nel corso di manipolazioni di ingegneria genetica.
L’uccisione degli animali ha da sempre interessato il pensiero filosofico,religioso,sanitario e normativo delle civiltà umane (I greci e la colpa-Maometto e la profilassi sanitaria -induismo-la macellazione -l’abbattimento sanitario e non -l’eutanasia di animali agonici- ecc…).
L’eutanasia ,intesa in senso letterario (eu -buona , Ja natoz -morte) come morte tranquilla e naturale è uno dei campi più attuali e controversi della bioetica in medicina umana ma trova una sua applicazione quotidiana nella pratica clinica veterinaria.
Tralasciando in questo contesto le varie distinzioni tra eutanasia “attiva” e “passiva”,e tutte le sue implicazioni nell’uomo,è necessario sottolineare che in ambito veterinario tale pratica viene messa in atto su diretta responsabilità del veterinario e del conduttore dell’animale senza particolari implicazioni di ordine etico ne specifici riferimento di tipo deontologico.
Ciò nonostante l’eutanasia viene praticata tanto per alleviare le sofferenze agoniche di animali sicuramente destinati a morte prossima che per l’eliminazione di animali improduttivi o affetti da patologie che per l’uomo possono assumere carattere penalizzante dal punto di vista economico e gestionale. Quest’ultima evenienza anche se non ricade concettualmente nei termini di eutanasia ,talvolta assume ,falsamente in veterinaria, una analoga connotazione.
L’aspetto rilevante della medicina omeopatica in veterinaria circa la pratica dell’eutanasia è che animali affetti da malattie gravi ,incurabili e inguaribili e con un grave deterioramento dell’Energia Vitale ,quando sottoposti a trattamenti con rimedi diluiti e dinamizzati procedono verso la morte in condizioni di serenità e naturalmente senza ricorrere a veleni o altri presidi farmacologici del caso.
CODICE DEONTOLOGICO : ART.1-CONSENSO INFORMATO -ATTO MEDICO
Il rapporto professionale in veterinaria consiste in una triangolazione tra il veterinario, l’animale e il conduttore . Qualunque sia la finalità dell’intervento sanitario relativamente alle norme della deontologia veterinaria e alla tipologia animale (affezione -reddito-gruppi), il perfezionamento del contratto tra veterinario e cliente richiede una esplicita definizione circa lo status morale e giuridico dell’animale .Sulla base di ciò è possibile attribuire le qualità al suo benessere (B.A) e a tutta una serie di circostanze necessarie a tutelare l’operato del professionista , della salute animale quanto di quella pubblica.
L’Art.1 del vigente codice deontologico descrive l’attività del medico veterinario in funzione della collettività e tutela della salute pubblica integrando la descrizione del precedente campo di applicazione ,risalente al 1993,con alcuni principi su cui è opportuno riflettere per poter poi determinare una condizione di status animale accettabile e condivisibile alla luce dei mutamenti socio culturali e che sono così riassunti:
-Tutela delle biodiversità,dell’ambiente e della coesistenza compatibile con l’uomo
-Rispetto animale e del loro benessere in quanto esseri senzienti
-Rapporto uomo animale
-Rischio connesso alle attività collegate alle produzioni alimentari
L’omeopatia applicata alla medicina veterinaria trova in questi 4 punti fondamentali dell’evoluzione deontologica veterinaria una coerente e fattiva relazione non solo sulla base del principio olistico e di una concezione vitalistica e del contesto generale in cui si compiono le funzioni biologiche e la tutela ambientale,ma anche e sopra tutto ,in quel processo di integrazione tra la vita umana e quella animale che è l’addomesticamento , una tra le fondamentali attività dell’evoluzione della specie umana. Il rispetto e il benessere animale,, in virtù della qualità di esseri senzienti, acquista in veterinaria una particolare importanza per i fondamenti su cui si fonda la metodologia diagnostica e clinica omeopatica ,con particolare riferimento alla repertorizzazione dei sintomi caratteriali , comportamentali ed emozionali (mind).Sempre in riferimento ai principi di rispetto e benessere e per ciò che compete alla medicina sportiva e al doping l’omeopatia può rappresentare un potenziamento rispettoso delle regole e delle risorse terapeutiche. La fondamentale funzione istituzionale di prevenzione del rischio connesso agli alimenti di origine animale che la veterinaria svolge, trovano nell’omeopatia interessanti ambiti di ricerca e di applicazione alternativi in ordine a problematiche quali la farmacoresistenza e i residui di farmaci necessari a mantenere una condizione sanitaria adeguata alle performances produttive.
L’applicazione dell’omeopatia veterinaria trova una sua precisa identità per ciò che riguarda il consenso informato in veterinaria così come stabilito dall’art.29 del Codice deontologico veterinario in vigore dal dicembre 2006.In questo contesto è opportuno sottolineare come, nel successivo art. 30 del codice deontologico,in materia di medicine non convenzionali ,si sia voluto rimarcare l’acquisizione del consenso del cliente debitamente informato,delineando così una discriminazione e dicotomia tra i procedimenti operativi.
Se le basi della sua applicazione in medicina umana si fondano su di un principio costituzionale di libertà (art. 13 e 32 Costituzione Italiana) dell’individuo il quale ha diritto ad una informazione coerente per esercitare consapevolmente la propria libertà di scelta,in veterinaria i presupposti sono assai differenti.
Lo status morale e giuridico degli animali è tale per cui non è possibile mutuare questo principio tipicamente umano né quello di delega a persone terze così come avviene nel caso dei minori o di persone incapaci di esprimere la propria volontà (V.Castiglione -Riccione-RI- SIMO 2003-Meeting internazionale Medicina Omeopatica)anche se in realtà l’analogia è pertinente trattandosi di un atto medico. Sulla base dei principi normativi (art. 638 c p – legge 189/2004 ex art 727 c p – art.1218 e art.2236 c c) da cui derivano i comportamenti etici nel rapporto tra uomo -animale,si ricava tutta l’estrema variabilità e approssimazione in cui il veterinario si trova ad operare. Il Comitato Bioetico per la Veterinaria a tale proposito ritiene la dicitura “consenso informato” inappropriata , determinando essa oscurità rispetto ai problemi indagati. Tuttavia ,a prescindere da questioni puramente formali ,l’introduzione di una procedura informata e responsabile permette di legittimare e valorizzare l’ intervento terapeutico secondo i criteri dell’EBM , cosi come per tutte le MNCV che, in virtù del loro carattere non convenzionale,alternativo e complementare, si trovano, di fatto, a svolgere un ruolo altamente specializzato nell’integrazione dei saperi in medicina veterinaria. L’applicazione clinica omeopatica richiede una analisi consapevole delle possibili scelte terapeutiche da approntare alla luce delle conoscenze della biomedicina così come quelle proprie del paradigma hahnemanniano.
L’omeopatia viene riconosciuta tra i mezzi di prevenzione,indagine,cura espressi dagli art.30 del Codice deontologico veterinario , sia per la tutela professionale e il potenziamento dell’atto medico veterinario, che per una informazione completa sulle possibili alternative.
Il fatto che di frequente si faccia ricorso alla mncv (medicina non convenzionale veterinaria )quale intervento alternativo quando la paliazione non sostiene più il paziente,non soddisfa di per sé la necessità di contemplare ,in scienza e coscienza, tutta la gamma di scelte possibili nel protocollo veterinario e di considerare l’omeopatia come intervento di elezione primario in un dato caso clinico ,ne quella di poter interagire coerentemente e in modo condiviso tra professionisti in medicina veterinaria ,venendo a mancare i requisiti per una conoscenza integrata e nella formazione universitaria delle nuove generazioni. A tale proposito si ritiene opportuno interrogarsi sulle implicazioni che l’approccio omeopatico ha sulla gestione della cosa pubblica ,quale è considerato l’animale, in relazione al concetto di cura e secondo una corresponsabilità morale col conduttore -proprietario e alle norme che ne regolano l’etica dei comportamenti .Un’altra condizione che contraddistingue l’operato medico in veterinaria è l’aspetto economico. In tal senso il comportamento etico della tutela animale, già di per sé assai variabile, è fortemente condizionato da vincoli economici e dal contesto produttivo.
Nel caso degli animali d’affezione (pet) ciò che l’addomesticamento richiede all’animale ,se pur lontano dal concetto di redditto ,è un impegno di carattere affettivo e di rapporto inter specie di elevato valore morale . Ciò può spostare il giudizio finale ,guidato da una corretta informazione ,in senso più favorevole alla tutela animale rispetto agli interessi umani ed economici . Per gli animali da reddito ,la cui identità può essere riferita tanto al singolo animale che a gruppi ,la questione economica diviene una condizione determinante per il rapporto tra veterinario e cliente nel rispetto delle norme deontologiche . Un caso particolare e per certi versi inedito è quello della specie equina che di fatto rientra tra gli animali da allevamento e reddito (legge 189 /2004 ex art 727 c p) ,le cui produzioni si articolano tra quella di carne per alimentazione umana e quella sportiva , attività ludica ,commercio ,ippo terapia,venendo così a instaurare una relazione più stretta con l’uomo e assumere connotati più vicini all’animale d’affezione per le sue implicazioni morali ed etiche .
In questo contesto l’approccio omeopatico deve ,per garantire l’efficienza produttiva, competere con la capacità soppressiva dei sintomi offerta dai farmaci allopatici nel rispetto del Benessere Animale (B.A).
Lo stato giuridico degli animali se pur supportato nella sua evoluzione legislativa da adeguamenti socio culturali mantiene ,nella sua essenza , la connotazione di res a sua volta integrata dalla qualità di essere vivente e senziente. Di fatto la norma in cui si inseriscono i delitti contro il sentimento per gli animali (Titolo IX Bis legge 189/2004 art.3) concede di :
– indicare quale attore principale della tutela il sentimento umano
– escludere dalle finalità della norma i contesti tra cui : l’allevamento,il trasporto, la macellazione , la sperimentazione animale, non che per le manifestazioni storico culturali (quali ad esempio il palio e la giostra).
Nel diritto civile e amministrativo si continua a trattare la materia con piena considerazioni degli animali quali “res “con una oggettiva destinazione produttiva-funzionale e relative implicazioni economiche quali la vendita di animali,la garanzia per vizi, la responsabilità civile per danni a terzi e cose ,ed il regime fiscale su prestazioni veterinarie. Per quanto riguarda invece gli obblighi contrattuali tra il veterinario e il cliente, oltre a quelli strettamente deontologici ,si inseriscono le obbligazioni della consulenza tecnico-professionale per il conseguimento del risultato sul principio della diligenza(Cassazione n.4394 del 18 giugno 1975). All’art.2236 del c. c il veterinario è giudicabile per inadempimento contrattuale,anche per colpa lieve,mentre per l’art.1218 c. c ,e solo nei casi di speciale difficoltà ,sono responsabili di inadempienza per dolo e colpa grave. In casi complessi ,l’aggravamento delle condizioni cliniche dell’animale o l’insorgenza di nuove patologie possono configurare il reato di cui all’art 1218 c. c . Ciò premesso in campo giuridico richiede riflessioni in ordine all’applicazione omeopatica in ippiatria sia per quanto riguarda l’illecito civile che deontologico del B.A.
L’omeopatia è attenta osservatrice del fenomeno della iatrogenesi e della soppressione sintomatologica contrastandone attivamente la diffusione coerentemente col paradigma dell’equilibrio psicofisico del paziente e delle norme veterinarie sul farmaco (D.L n.193 – 6 aprile 2006). Ciò a tutela della salute animale ma non perfettamente coincidente col parametro di B.A sia per la sua frammentarietà ed inconsistenza, che per gli esclusivi principi di efficientismo produttivo su cui sui fonda il criterio di welfare in veterinaria.
Le variabili su cui si struttura il concetto bioetico di equilibrio inter specie in ippiatria sono :
– la produzione differenziata :carne- lavoro-commercio-sport-divertimento-benessere-affetti
– il B.A regolamentato per il trasporto , la macellazione e abbozzato per i requisiti generali di allevamento Vedi regolamento veterinario FISE 2006.
– implicazioni economiche , etiche( status animale), deontologiche
Di altra natura ma sempre confacenti al caso l’evenienza della riacutizzazione di sintomi ,di vecchi sintomi pregressi e il viraggio miasmatico e sintomatologico. Su tali argomenti può configurarsi l’eventualità tanto dell’errore metodologico di inadempienza per negligenza quanto il coerente procedere delle condizioni cliniche secondo il paradigma omeopatico , la legge di Hering e le indicazioni prognostiche secondo Kent .
Su queste implicazioni etiche -deontologiche-giuridiche ed economiche si fonda la tutela professionale per quanto riguarda l’esercizio dell’atto medico veterinario in mnc attraverso una adeguata integrazione e formazione.
PRATICA CLINICA OMEOPATICA
Uno degli strumenti fondamentali della pratica clinica omeopatica è il modo di annotare l’anamesi ,raccogliere e valutare i sintomi , ripercorrere la biopatografia, formulare una diagnosi omeopatica e verificare le reazioni ai rimedi somministrati. L’uso della cartella clinica omeopatica rappresenta dunque un momento fondamentale per definire i percorsi diagnostici e di cura ;ma soddisfa anche molti dei parametri teorici per una procedura informata e responsabile, con particolare riferimento a quelli espressi dal Comitato Bioetico per la veterinaria.
Il paradigma omeopatico supporta l’operato del veterinario nella pianificazione di contesti produttivi quali la riproduzione,la profilassi delle malattie infettive,il miglioramento genetico, la prevenzione delle patologie condizionate dall’ambiente ,dallo sfruttamento e dall’attività produttiva(patologie sportive),controllo igienico sanitario delle produzioni,tutela del consumatore per quanto riguarda i residui e tempi di sospensione dei farmaci,così come per la clinica dei piccoli animali da compagnia.
Per contro il miglior equilibrio psicofisico di quel paziente in quel momento , oltre ad essere un criterio emergente in medicina veterinaria è uno dei fondamenti del paradigma omeopatico, potrebbe disattendere il requisito di B.A, qualora non appaghi sufficientemente la produttività. Tanto è vero che il doping rappresenta proprio la punta dell’iceberg su cui si fonda la problematica della cura in ippiatria.
La specie equina, riassumendo in sé tutte le caratteristiche delle varie tipologie degli animali domestici,può essere presa quale specie di riferimento .
Le qualità di un paziente animale con connotati sportivi spesso spinti all’eccesso richiede ,per l’ ottenimento del risultato agonistico, che tutte le funzioni del soggetto siano in quelle condizioni di integrità ed equilibrio psico-fisico che si identificano nel concetto di salute come descritto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il cavallo viene allevato e sottoposto all’addomesticamento per lo sfruttamento della produzione prevalente di lavoro e carne. Il tipo di lavoro prodotto per l’uomo nell’attuale contesto sociale è rappresentato principalmente dallo sport-attività ludico-ricreativa ,il commercio di animali ,e al contributo per la salute benessere umano (cavallo medicina). Ovviamente il contesto sportivo rappresenta l’aspetto più emblematico dell’atto medico veterinario in ippiatria ,tanto per le implicazioni eziologiche ,patogenetiche e cliniche, che per le ripercussioni di carattere economico ed etico.