Metodologia e Clinica Omeopatica: la ricerca dell’obbiettività – Dott. Andrea Brancalion

Metodologia e Clinica Omeopatica: la ricerca dell’obbiettività

Andrea Brancalion

 

Introduzione

Hahnemann, nel § 83 dell’Organon(7), affronta l’argomento della relazione medico-paziente con i requisiti che l’Omeopata deve avere:

libertà dai pregiudizi;

integrità degli organi di senso;

osservazione attenta;

fedeltà nel tracciare il quadro della malattia.

 

Kent nella Quarta Lezione della Filosofia Omeopatica(8) dice:

”Vincere i propri pregiudizi è una delle prime cose da fare nello studio dell’Omeopatia ed il vero uomo è un uomo libero da pregiudizi, è uno che sa ascoltare, che sa soppesare le prove, che sa meditare. La mente del medico deve essere sgombra, pronta all’ascolto ed in armonia come un mare calmo: i turbamenti del paziente devono essere le uniche onde che lo agitano. Se la mente del medico è un mare in tempesta, i suoi marosi si confonderanno con quelli del paziente, che non riuscirà a far comprendere la sua sofferenza.”

 

Non è semplice attuare questa necessità senza un aiuto concreto. L’obbiettività è stata, ed è, una qualità dei grandi Maestri, ma una naturale riflessione induce a pensare che il diritto ad una dignitosa professione debba essere alla portata di tutti.

 

Il diritto alla semplicità

Probabilmente, l’Omeopatia soffre, oltre a tanti altri fattori, anche della sua intrinseca difficoltà che spesso scoraggia i neofiti dal continuare gli studi o li fa deviare verso forme “alternative” che nulla hanno a che fare con la vera Arte del Guarire.

Aggiungiamo una mentalità pigra e materialista, che negli ultimi tempi sembra inquinare la società, e quindi anche le professioni, causa del desiderio di ottenere tutto, subito e senza sacrificio, ed avremo una risposta alla scarsità di Medici e Veterinari Omeopati, veramente Omeopati, in attività oggi.

Se riusciremo ad abbassare i livelli di difficoltà e sacrificio nella pratica omeopatica, pur rimanendo coerenti con i postulati hahnemanniani, allora potremo sperare in un incremento di quella che oggi è veramente una piccola pattuglia di veri Omeopati.

Lo scopo è allora di avere un metodo che abbia le seguenti caratteristiche di base(6):

l’obiettività, cioè la possibilità di limitare al massimo ogni tipo di interferenza e pregiudizio;

la precisione, cioè limitare al massimo l’interpretazione e poter attribuire un ordine gerarchico corretto dei sintomi;

la semplicità, cioè la possibilità di essere adottato da tutti, svincolati dall’esperienza, dalla filosofia, dalla religione, ecc.;

l’universalità, cioè ogni medico deve poter giungere alla stessa scelta su ogni tipo di paziente.

 

Ovviamente, è dai sintomi che dobbiamo partire e dobbiamo osservare che c’è ancora molta confusione al proposito:

raccolta viziata da visite ed interrogatori svolti in modo non sistematico, spesso con la presunzione di aver individuato il rimedio in base alle nozioni di Materia Medica memorizzate;

gerarchizzazione inesistente o incoerente;

repertorizzazioni voluminose e quindi poco individualizzanti.

 

L’ultimo punto è una conseguenza dei primi due e, come in tutte le cose, una buona partenza predispone ad un’impresa facilitata. Lo sforzo, quindi, è di dare una corretta impostazione iniziale e per fare questo occorre avere, innanzi tutto, una chiara idea delle qualità di ciò che si può definire “un buon sintomo”(6):

intensità, cioè il potere di creare sofferenza in una certa misura;

storicità, cioè il potere di presentarsi cronicamente (§§ 91 e 95 dell’Organon);

modalità, cioè la circostanza che lo rende peculiare (§§ 153 e 164).

 

Tali parametri rappresentano un notevole aiuto nella raccolta dei sintomi, che certamente non potrà più essere un insieme quasi improvvisato, ma una vera e propria scelta accurata, una totalità, che ci permetterà di tracciare il quadro della malattia del paziente con buona precisione.

Per questo riproponiamo uno schema (Tab. 1) noto da oltre 10 anni, ma evidentemente ancora poco considerato, almeno in Medicina Veterinaria. Con esso possiamo ordinare la Totalità, in conformità al § 104 dell’Organon, incasellando i sintomi in un ordine ben preciso:

 

Tabella 1

S. Caratteriologici  
S. Modalizzati Mentali

Generali

Locali

S. Ausiliari Sindromi cliniche

Propriamente detti

(M. E. Candegabe – H. C. Carrara,

da Approssimazione al Metodo Pratico e Preciso dell’Omeopatia Pura)

 

Siamo dell’idea che la semplicità non è proporzionale all’importanza così, nella sua semplicità, tale schema ha in sé concetti estremamente importanti.

 

Sintomi Caratteriologici – Secondo Hahnemann, nei §§ 210-211-212-213 dell’Organon, i S. Caratterologici sono molto importanti per la conferma del rimedio, ma non per la sua scelta. Essi, infatti, non sono modalizzati e quindi non individualizzano il paziente. Sono i sintomi come JEALOUSY, TIMIDITY, LOQUACITY, OBSTINATE, DICTATORIAL, AVARICE, AFFECTIONATE, ecc. Per esempio, la Gelosia appartiene ad Apis, Hyosciamus, Lachesis, Nux vomica, Pulsatilla ed altri rimedi, ma in quanto tale non distingue tali rimedi: sono tutti gelosi, ma non viene espressa la causa determinante la gelosia, l’ambito specifico che li rende tali. Non di meno, i sintomi del carattere sono i più importanti, perché impediscono la possibilità di realizzazione del paziente secondo la propria natura originaria (§ 9), esprimendo in tal modo la sua sofferenza esistenziale, però debbono essere relazionati alla Totalità per avere da essi il massimo vantaggio, cioè la conferma del rimedio(3,4).

 

Sintomi Ausiliari – Sono quelli della patologia e tutti quelli che non sono modalizzati. Sono importanti soprattutto nell’Osservazione Prognostica secondo Kent e non dimentichiamo che sono quelli che spesso ci fanno apparire bravi o meno di fronte al cliente poiché, per lui, è questo che vale la pena curare!

 

Nel cuore del problema

Sintomi Modalizzati – Questi sintomi meritano la nostra maggior attenzione(5). Sono quelli che noi chiamiamo “avverbializzati”, che rispondono alle famose 7 domande di Boenninghausen, che corrispondono alle necessità vitali proprie del paziente e sono quelli caratteristici di cui parla Hahnemann. I processi di Gerarchizzazione e Repertorizzazione si basano su di essi e per essi è stato approntato il seguente schema (Tab. 2), a complemento dello schema in Tab. 1, in cui inserirli a seconda del loro grado di gerarchia sui due piani, psico-somatico e temporale.

 

Tabella 2

Sintomi

modalizzati

Storici Intermedi Attuali
Mentali 9 7 3
Generali 8 5 2
Locali 6 4 1

(M. E. Candegabe – H. C. Carrara,

da Approssimazione al Metodo Pratico e Preciso dell’Omeopatia Pura)

 

Secondo l’esperienza degli Autori, un sintomo è da considerare Storico quando è presente da più di 2/3 della vita del paziente, mentre sarà considerato Intermedio quando è presente da più di 1/3 della vita del paziente(5). Si può notare come un S. Locale Storico o Intermedio sia da considerare più gerarchico di un S. Mentale Attuale e come più i sintomi tendono ad occupare il settore alto a sinistra, più sono gerarchici.

 

Al di là delle valide argomentazioni degli Autori, riguardanti le moderne teorie scientifiche soprattutto riferite a Ilya Prigogine e David Bohm(5), che giustificano ampiamente questo schema, ci sono altre più sottili considerazioni che possiamo fare. Esse riguardano l’evoluzione del pensiero di Hahnemann sulla Teoria delle Malattie Croniche.

Perché Hahnemann ha scritto un libro intitolato “Le Malattie Croniche”?

Occorre sottolineare che egli non l’ha intitolato “I Miasmi”. La domanda che si è posto è: “Come risolvere le malattie croniche?” e la risposta che si è dato è il concetto di miasmi.

Egli aveva visto, attraverso i suoi casi clinici ed i risultati ottenuti, la necessità di riformulare i suoi obbiettivi. Questo è il vero scopo dell’opera: riformulare gli obbiettivi. Le sue prescrizioni erano efficaci al momento, ma non avevano tenuta a lungo termine; quindi erano efficaci, ma non utili. Si poteva far scomparire un eczema, ma qualcos’altro appariva dopo poco al suo posto. Perciò egli modificò la sua concettualizzazione considerando la malattia nel tempo(2).

Invece che considerare la malattia come un evento occasionale momentaneo, cominciò a pensare che c’era qualcosa a sostenere il fenomeno lungo tutta la vita del paziente. Passò così da una Totalità unicamente geografica o spaziale, ad una Totalità anche cronologica o spazio-temporale, che lo schema in Tab. 2 rappresenta molto bene. Non più un insieme di sintomi separati, ma una solidarietà, una continuità logica di sintomi, … dovuta a quel quid indefinito che chiamò “Miasmi”.

All’inizio del XIX° secolo, con epidemie e malattie contagiose, con la concomitanza di presentimento ed ignoranza dei microbi (che saranno scoperti solo cinquant’anni più tardi), Hahnemann ha istituito il suo paradigma, la massima espressione allora possibile e, per l’epoca, un colpo di genio, i Miasmi.

 

Dopo Hahnemann, Allen, Ghatak e Roberts, gli altri non si sono resi conto degli obbiettivi, trasformando la Teoria dei Miasmi in una teoria che permette di trovare più facilmente un rimedio e non l’efficacia del rimedio nel tempo!

Sarà Paschero a correggere il tiro o, se si vuole, a rimettere la chiesa in mezzo al villaggio, ma non è possibile in questa sede dare tutte le spiegazioni inerenti(1).

E’ però importante non perdere di vista gli obbiettivi. Se si cerca di prolungare l’azione del rimedio, occorre affinare la conoscenza individualizzante e la conoscenza specificante(2).

Per esempio, un cane da lavoro faceva fatica a mettersi in moto ed era veramente indolente,  bisognava stimolarlo continuamente e non si arrivava mai a smuoverlo, ma una volta preso il suo bel calcio là, dove pende la coda, e messosi in moto, diventava efficientissimo ed inarrestabile. Il rimedio è Taraxacum, che è specifico per tale atteggiamento, ma tale conoscenza dei rimedi non esisteva quindici anni fa.

Se si arriva ad una repertorizzazione corretta, che non metta in evidenza solo i policresti, allora avremo molte occasioni, in sede di diagnosi differenziale, per dover studiare dei rimedi a noi sconosciuti, o poco conosciuti, e di apprendere la loro specificità, ma non si arriverà mai ad una repertorizzazione corretta senza obbiettività.

Gli schemi ci vengono in aiuto, purché siano coerenti con la dottrina.

 

Bibliografia

Brancalion A. – Scala LM e Prognosi nella pratica dell’Omeopatia – H.M.S., Como, 2004.

Brunson M. – Histoire des Miasme, 1ère étape: Hahnemann – Recueil du Deuxième Séminaire d’Automne du Centre Liégeois d’Homéopathie, 2004, 30-36.

Candegabe E.F. – Materia Medica Comparata – red Edizioni, Como, 1989.

Candegabe E.F. – Homeopatía: Estudio Metodológico de la Materia Médica – Editorial Kier, Buenos Aires, 2003.

Candegabe M.E., Carrara H.C. – Approssimazione al Metodo Pratico e Preciso dell’Omeopatia Pura – Centro Internazionale della Grafica, Venezia, 1997.

Candegabe M.E., Deschamps I.L. – Bases y Fundamentos de la Doctrina y la Clinica Médica Homeopáticas – Editorial Kier, Buenos Aires, 2002.

Dudgeon R.E. – By Samuel Hahnemann, Organon of Medicine, Jain Publishers, New Delhi, 2001.

Kent J.T. – Lezioni di Filosofia Omeopatica – red Edizioni, Como, 1986.